
Il virologo Andrea Crisanti
Bergamo - Esce dalla procura intorno alle 14 per fare uno spuntino. Una pausa prima di rituffarsi in quel mare di carte che compongono la corposa inchiesta avviata per far luce sulla diffusione della pandemia nella Bergamasca. Un’inchiesta difficile, tant’è che lo stesso Andrea Crisanti, microbiologo, professore all’università di Padova, consulente della procura di Bergamo, si è lasciato scappare: "Ancora non so quando potrò depositare i risultati della consulenza. Mi auguro prima della fine dell’anno, questo è il mio intendimento". Crisanti, occorre ricordarlo, aveva già chiesto una proroga sulla data di consegna, termine che scadeva proprio in questo periodo. Una data che quanto pare non riuscirà a rispettare.
Da un paio di giorni è impegnato in una sorta di full immersion in procura, negli uffici di piazza Dante. Si confronta con il procuratore capo, Antonio Chiappani e con l’aggiunto, Maria Cristina Rota. Uno dei filoni dell’indagine per epidemia colposa e il mancato aggiornamento del piano pandemico, riguarda le diverse irregolarità contrassegnarono la chiusura e la riapertura poche ore dopo dell’ospedale di Alzano Lombardo quando furono scoperti i primi pazienti di Covid. Il Pronto soccorso venne chiuso e poi riaperto nel giro di poche ore il pomeriggio del 23 febbraio scorso. E ancora non si sa chi diede l’ok per la riapertura. "Ci attende ancora tanto lavoro – ha commentato Crisanti – dovremo fare una indagine epidemiologica per chiarire quando il virus ha cominciato a circolare qui rispetto ai primi casi venuti alla luce all’ospedale (il riferimento è all’ospedale di Alzano Lombardo), quando ci sono state le prime manifestazioni sul territorio. È importante per capire i tempi della comparsa del virus nella Bergamasca". Un lavoro a ritroso, pare di capire, partendo dai primi pazienti che proprio in questo territorio avevano i sintomi propri del coronavirus.