
Greta Ramelli e Vanessa Marzullo (Ansa)
Gavirate, 4 settembre 2014 - Due esecuzioni nel giro di pochi giorni. Due giornalisti uccisi nel modo più terribile, decapitati da un boia incappucciato dell’Is, lo stato islamico di Iraq e Siria, il gruppo terrorista più attivo e sanguinario al momento nel complicato scacchiere del Medio Oriente. Gli assassinii riaccendono le preoccupazioni circa la sorte della varesina Greta Ramelli e della bergamasca Vanessa Marzullo, le due volontaria rapite all’inizio di Agosto nella zona di Aleppo. Da quel giorno le comunicazioni sulle due giovani si sono ridotte all’osso. Poco filtra dai tentativi messi in campo dalla Farnesina per cercare di riportarle a casa.
Si resta aggrappati a una frase del sottosegretario agli Esteri Mario Giro che, una decina di giorni fa, ha sottolineato come al governo non risultasse che «le due giovani fossero in mano all’Is». Da allora, almeno ufficialmente, non si è saputo più nulla. Il lavoro sottotraccia della Farnesina continua. Le famiglie delle due ragazze vengono sollecitate ad avere pazienza dai funzionari del ministero. Il silenzio, però, scava sempre più in profondità il solco dell’inquietudine nelle anime di genitori, fratelli e altri parenti delle due ragazze. Dalla villetta di via Amendola a Gavirate non arriva alcuna dichiarazione. Solo papà Alessandro ha rotto il silenzio, in due occasioni, con un messaggio email recapitato ai quotidiani in cui venivano ringraziate tutte le persone che hanno manifestato il loro sostegno ai Ramelli. Anche la comunità islamica varesina, che aveva espresso l’intenzione di organizzare un incontro con la famiglia della studentessa di Scienze infermieristiche (studi che avrebbe voluto mettere a frutto proprio durante la sua missione umanitaria in Siria), ha accantonato il progetto dopo un contatto telefonico. «Rispettiamo la scelta del silenzio che la famiglia ha richiesto anche a noi - spiega Giorgio Stabilini, portavoce dei musulmani varesini - Una decisione che comprendo e condivido. Resta la nostra solidarietà per una ragazza che si era recata in Siria con intenti ammirevoli».
Sul caso è intervenuto anche don Andrea Gariboldi, il responsabile dell’oratorio di Gavirate «Dalla Siria e dall’Iraq continuano ad arrivare brutte notizie e di certo questo ci fa stare in pensiero e aumenta le nostre preoccupazioni - ha detto - Non possiamo fare altro che pregare e stare vicini alla famiglia». Greta e l’amica Vanessa sono giunte a fine luglio nel villaggio siriano di El Ismo non lontano dalla città di Idlib, a sud ovest di Aleppo. L’intento, attraverso il progetto Horryaty, era quello di attivare corsi di primo soccorso, rifornire la zona di kit di emergenza e assicurare adeguate cure a pazienti che soffrono di malattie croniche.