Galeotta fu la caduta di una pesante cassaforte sul pavimento: era il 2021 e ad un brigadiere al comando dei carabinieri in servizio alla stazione di Desenzano del Garda scappò un’imprecazione. Questa sua reazione fece scattare la decisione della Compagnia dei Carabinieri, comunicata anche alla Prefettura, di ritirargli cautelarmente le armi – numerose pistole semiautomatiche e carabine, oltre a doppiette, fucili, caricatori e conversioni di calibro – "per una momentanea assenza dei requisiti psico-fisici", non meglio specificati però in alcun documento. La comunicazione dei Carabinieri arriva in Prefettura, che vieta al militare di detenere armi e gli ingiunge di vendere quelle di sua proprietà entro 150 giorni.
L’uomo viene, quindi, sottoposto ad una serie di visite, presso l’infermeria regionale di Milano, dallo psichiatra, dalla commissione ospedaliera medica, dal colonnello medico, che confermano però la sua idoneità al servizio militare incondizionato nell’Arma dei Carabinieri, in quanto non si rilevano disturbi psichici. Il militare viene anche fatto rientrare nel reparto di appartenenza, ma in Prefettura nessuno annulla il divieto di detenere le armi, "con la singolarità che il suo destinatario è un carabiniere regolarmente in servizio". La vicenda finisce al Tar di Brescia, davanti al quale il carabiniere ha impugnato il provvedimento, spiegando che "la vicenda trarrebbe origine da una sua imprecazione rabbiosa sul posto di lavoro, in data 3.8.2021". A oltre 2 anni dalla vicenda, arriva la conclusione: il Tar ha accolto il ricorso e annullato il provvedimento della Prefettura, che deve ora rifondere 3mila euro di spese di lite. F.P.