Soccorritore 118 morto per Coronavirus a 47 anni: Bergamo non dimentica il suo Diego

La proposta: una via dedicata. E intanto gli operatori delle pompe funebri chiedono tutele

Diego Bianco

Diego Bianco

Bergamo, 16 marzo 2020 - Intitolare una via alla memoria di Diego Bianco, 47 anni, l’operatore del 118, in servizio alla centrale operativa dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, morto per coronavirus nella notte tra venerdì e sabato. La richiesta arriva dall’associazione autisti e soccorritori italiani (Aasi) attraverso una lettera inviata ai vertici di Regione Lombardia e al direttore generale dell’Areu Alberto Zoli. "Per non dimenticare – si legge nella missiva – un uomo che si è sempre speso per il proprio territorio e la propria regione. Diego era un lavoratore preparato, un soccorritore che ha sempre utilizzato i dispositivi di protezione individuali, non era anziano e non aveva malattie". Sempre sul fronte dell’emergenza Covid 19, c’è da registrare la dura presa di posizione di Imprese&Territorio, raggruppamento di associazioni di settore che rappresenta oltre 90mila piccole e medie aziende: "Bergamo va dichiarato zona rossa".

Nel dramma provocato dal coronavirus sono finiti anche i lavoratori delle pompe funebri, che devono far fronte alla carenza di personale e di protezioni adeguate, come quelle dei sanitari, visto che quella delle onoranze funebri, in questi drammatici frangenti, è un’attività sanitaria a tutti gli effetti. "Da tempo rimasti privi di dispositivi di protezione individuale, molti operatori e imprenditori si sono essi stessi ammalati, e non sono più in grado di sostenere il peso delle richieste – fanno sapere dalla Lia di Bergamo (Liberi imprenditori associati) –. Gli operatori stanno pagando il terribile peso dell’assenza di una tutela simile a quella degli operatori sanitari, nonostante le ripetute richieste di fornitura rivolte alle autorità da oltre due settimane. L’associazione si sta attivando per arginare l’emergenza collaborando con realtà al di fuori della provincia".

Intanto l’amministrazione comunale di Bergamo ha provveduto a regalare al carcere di via Gleno otto computer, tramite la donazione di Globo, un fornitore di Palazzo Frizzoni. L’obiettivo è quello di potenziare i colloqui telematici dei detenuti. Si tratta di un’apertura dopo le proteste, assai “tiepide” per la verità, che hanno attraversato la casa circondariale cittadina. "C’è in generale il rischio di dimenticarci dei detenuti – sottolinea il sindaco di Bergamo Giorgio Gori –, e a maggior ragione in questi giorni difficili". Negli ultimi giorni, infine, pannelli in plexiglass, alti e larghi 80 centimetri, sono stati posizionati in 70 farmacie di Bergamo e provincia per frapporre una barriera tra gli operatori e l’utenza e sopperire alla mancanza di mascherine e proteggono i farmacisti. "Avevamo chiesto più di mille mascherine per la sicurezza dei farmacisti, non destinate alla vendita – spiega il presidente di Federfarma Bergamo, Giovanni Petrosillo – e le stanno consegnando in queste ore. Le mascherine per i cittadini, invece, non sono ancora arrivate. I farmaci arrivano a rilento e manca l’ossigeno: stiamo recuperando bombole da tutta Italia con l’aiuto di Ats".