
Tribunale (foto d'archivio)
Bonate Sopra (Bergamo) 21 ottobre 2015 - "Portatemi in carcere, non sopporto più mia moglie. Piuttosto che tornare a casa con lei preferisco andare in cella". E' la singolare richiesta che si sono visti fare i carabinieri che la sera del 19 ottobre scorso hanno arrestato un disoccupato italiano di 53 anni, di origini siciliane, che era appena evaso dagli arresti domiciliari dalla sua abitazione di Bonate Sopra, dove stava scontando una pena per omissione di soccorso.
L'uomo, difeso dall'avvocato Giovanni Corna, ieri è comparso davanti al giudice Donatella Nava per il processo per direttissima. E in aula ha spiegato quello che per lui era diventato un vero e proprio incubo, il matrimonio con la moglie, con la quale è sposato da 25 anni. Da tempo la consorte lo accusava di essere un mantenuto e un fannullone, in quanto non lavorava. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è avvenuta la sera del 19 ottobre, quando la donna è tornata a casa con il cadavere del loro cagnolino, un piccolo bastardino. "Mi ha accusato della sua morte - ha detto il 53enne al giudice -: lo hai fatto scappare e un cane di taglia più grande lo ha aggredito e lo ha ucciso. Allora sono uscito in giardino, così com'ero vestito: in pigiama e in pantofole. Non la reggevo più".
I carabinieri, che stavano andando a controllare se fosse nella sua abitazione, lo hanno trovato proprio nel giardino. Il giudice, nonostante la richiesta dell'imputato, ha disposto nuovamente la misura degli arresti domiciliari nella sua abitazione. Alle rimostranze dell'uomo ("Non voglio tornare con mia moglie"), ha risposto con una piccola predica: "invece di protestare, dia una mano a sua moglie. Lei è siciliano, sa cucinare bene, prepari delle prelibatezze per lei e vedrà che le cose si aggiusteranno". Il processo è stato aggiornato al 3 novembre prossimo.