Processo Bossetti, sette giorni senza telefonate con la moglie

Al processo parla un maresciallo del Ros: i giorni tra il 21 e il 28 novembre del 2010 , Yara Gambirasio scomparve il 26, furono un "periodo di totale assenza di contatti" telefonici tra Massimo Bossetti e sua moglie Marita Comi

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti

Bergamo,16 ottobre 2015 -  I giorni tra il 21 e il 28 novembre del 2010 ( Yara Gambirasio scomparve il 26) furono un "periodo di totale assenza di contattitelefonici tra Massimo Bossetti e sua moglie Marita ComiSu questo particolare che risulta dalle indagini, ritenuto «significativo» dalla Procura di Bergamo, è tornato stamani in aula Giuseppe Gatti, un maresciallo dei carabinieri del Ros di Brescia, che si occupò dell'analisi dei tabulati dell'unico imputato per l'omicidio ddi Yara Gambirasio. Il sottufficiale, alle domande del pm Letizia Ruggeri, ha anche ripercorso le telefonate tra i componenti della famiglia Bossetti il 26 luglio del 2012, quando la madre di Bossetti, Ester Arzuffi, ricevette la convocazione in Questura per il prelievo del Dna e del giorno dopo, quando la donna si sottopose al prelievo. Il maresciallo ha infine ricordato come il cellulare dell'imputato agganciò la cella di Mapello, in via Natta, alle 17.45 del 26 novembre (la stessa cella a cui si agganciò quello della ragazza alle 18,49) per poi non originare traffico fino alla mattina dopo. All'inizio dell'udienza la Corte ha disposto la restituzione della Volvo di Bossetti, sequestrata subito dopo il fermo, nel giugno del 2014, e che sarà messa a disposizione della moglie Marita.

Durante la deposizione del maresciallo, c'è stato un duro scontro tra accusa e difesa in relazione a una fotografia del consulente della difesa che ritraeva l'area in cui insistono le celle agganciate dai telefoni di Yara e dell'imputato divisa in settori. Una fotografia che ha fatto insorgere il pm Letizia Ruggeri la quale ha chiesto: "Chi ha tracciato quelle linee?". "Il nostro consulente" - hanno risposto i difensori. "Sono linee fatte a capocchia", ha replicato il pm secondo il quale quella fotografia, che non fa ancora parte del fascicolo, non poteva essere sottoposta al teste. È intervenuto quindi uno dei difensori di parte civile il quale ha detto che è necessario che la fotografia, prima di essere mostrata, debba entrare a fare parte del fascicolo, "altrimenti le parti non saprebbero di che cosa discutere".

Intanto Massimo Bossetti si è trovato faccia a faccia con l'uomo che lo fermò, il 16 giugno dell'anno scorso, nel cantiere di Seriate: il maggiore dei carabinieri, Riccardo Ponzone. "Simulammo un intervento per verificare la presenza di lavoratori in nero - ha spiegato l'ufficiale -: tutti rimasero fermi, stupiti. L'unico che manifestò preoccupazione e si mosse, lungo il ponteggio, fu  Bossetti". Durante l'udienza è stata anche proiettata parte del video che ritrae il fermo di Bossetti, su sollecitazione della difesa che, fuori dall'aula, ha ribadito che il muratore non aveva alcune intenzione di scappare. "Intervenimmo in trenta, tra carabinieri e polizia - ha ricostruito l'ufficiale - Io salii dalla parte esterna del ponteggio, gli chiesi sei italiano? Stai fermo! Lui si girò e si diresse verso la scaletta. Nel frattempo erano intervenuti altri militari. Lo immobilizzammo, secondo la procedura, lo facemmo inginocchiare, lo ammanettammo e cominciammo a farlo scendere. In quella fase non oppose alcuna resistenza".