Stefano Binda sarà presente in aula: faccia a faccia con i suoi ex amici

Caso Lidia Macchi, sei testimoni chiave saranno ascoltati dal gip di Varese nell'incidente probatorio di ANDREA GIANNI

Stefano Binda, accusato dell'omicidio di Lidia Macchi

Stefano Binda, accusato dell'omicidio di Lidia Macchi

Varese, 14 febbraio 2016 - Sarà presente in aula, per assistere a un passaggio decisivo nel procedimento che lo vede accusato di omicidio volontario, Stefano Binda, il presunto killer della studentessa varesina Lidia Macchi, massacrata con 29 coltellate nel gennaio 1987.

L’uomo ieri mattina ha incontrato nel carcere milanese di San Vittore uno dei suoi difensori, l’avvocato Sergio Martelli. E ha confermato la sua volontà di assistere all’udienza - che inizierà domani mattina davanti al gip di Varese Anna Giorgetti - durante la quale verranno ascoltati con la formula dell’incidente probatorio persone che all’epoca frequentavano il 48enne di Brebbia e la vittima. Figure chiave nell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore generale di Milano Carmen Manfredda. Proprio per la loro importanza e per il rischio che i testi ricevano «pressioni», il sostituto pg ha chiesto e ottenuto dal gip l’incidente probatorio, in modo da «congelare» le loro dichiarazioni acquisendole nella fase delle indagini preliminari prima che si apra, eventualmente, il processo a carico di Binda, che continua a proclamarsi innocente.

«Stefano Binda è sereno - ha spiegato l’avvocato Martelli al termine dell’incontro in carcere - ha raggiunto un equilibrio interiore in questo momento difficile e ha deciso di assistere all’udienza». Si terrà quindi un primo faccia a faccia in aula tra il presunto killer e persone che, 29 anni fa, frequentavano lo stesso giro di amicizie e l’ambiente di Comunione e liberazione. I testimoni nel corso dell’udienza a porte chiuse dovranno rispondere alle domande del sostituto pg, del giudice, della difesa e del legale della famiglia Macchi, l’avvocato Daniele Pizzi, parte offesa nel procedimento.

La «sfilata» dei testi in Tribunale potrebbe concludersi domani oppure, se le audizioni andranno per le lunghe, proseguire in un’altra udienza ancora da fissare. Sono sei, quindi, le persone che compriranno davanti al gip. Tra queste il sacerdote che all’epoca avrebbe fornito un alibi a Binda, don Giuseppe Sotgiu, alla fine degli anni ’80 uno degli amici più stretti dell’indagato, e una testimone «chiave» come Patrizia Bianchi, amica di Binda e di Lidia Macchi.

È stata proprio la donna a riconoscere, recentemente, la scrittura del 48enne nel componimento anonimo «In morte di un’amica» inviato alla famiglia Macchi nel gennaio 1987, il giorno dei funerali della ragazza. Fornendo l’elemento che ha portato alla svolta nelle indagini. Compaiono poi la sorella di Lidia, Stefania, e don Fabio Baroncini, all’epoca responsabile varesino di Gioventù studentesca. Verrà ascoltata l’amica alla quale Lidia aveva fatto visita all’ospedale di Cittiglio la sera in cui scomparve, l’ultima persona che avrebbe visto la ragazza in vita oltre all’assassino. Chiude infine la lista un amico di Binda.