Il testamento del presunto jihadista: la guerra santa vista dall'interno

In un libro la "verità" dell’operaio di Brunello espulso per alcuni post pro Isis e morto in Siria

La copertina del libro di Silvia Layla Olivetti

La copertina del libro di Silvia Layla Olivetti

Varese, 2 febbraio 2016 - Prima di unirsi al Califfato e partire per la Siria, dove è morto, il presunto jihadista Oussama Khachia, 31enne marocchino cresciuto a Brunello, ha scritto una sorta di testamento ideologico. Riflessioni che costituiscono la postfazione di un romanzo - "Isis-diario di un jihadista italiano" - scritto da Silvia Layla Olivetti e pubblicato dalla casa editrice marchigiana David and Matthaus. La vicenda giudiziaria - Oussama fu espulso dall’Italia il 28 gennaio 2015 per alcuni post su Facebook a favore dell’Isis, in seguito fu allontanato anche dalla Svizzera e infine è morto in Siria - corre in parallelo a un fitto scambio di opinioni con la scrittrice veneta, di religione islamica, al centro anche di un articolo del settimanale «L’Espresso».

Silvia Layla Olivetti ha contattato l’operaio di Brunello nel settembre 2014, incuriosita da alcuni suoi interventi su Facebook. "Stavo cercando di documentarmi per analizzare il fenomeno dell’Isis senza pregiudizi - spiega la scrittrice - e di capire il punto di vista di chi si arruola. Oussama, attraverso le sue opinioni, mi ha fornito materiale utile per il mio libro". Nelle 140 pagine, viene narrata la storia di un jihadista in un futuro ipotetico, in cui il Califfato continua la sua espansione e arriva a organizzare un attentato in piazza San Marco, a Venezia. Il libro si conclude con una postfazione firmata proprio da Oussama Khachia e inviata alla scrittrice quando l’uomo, già allontanato dall’Italia, probabilmente si trovava nel Canton Ticino. Un testamento ideologico, in cui Oussama scrive che "l’unica via di salvezza è rappresentata da un Corano che guidi i musulmani e da una spada che mantenga i limiti posti da Allah". E si sofferma sulla sua espulsione. "Sul mio decreto di espulsione per fiancheggiamento del terrorismo lascio che ognuno scriva e giudichi come vuole - scrive - le considero tutte hasanat, buone azioni che mi vengono ascritte in cambio delle ingiustizie subite e che mi giungono senza aver fatto fatica". Prima che il libro andasse in stampa, infine, l’uomo ha inviato a Olivetti una sua foto, divenuta la copertina. Oussama, ritratto di spalle, imbraccia un kalashnikov. Dalla sfondo sembrerebbe scattata in Medio Oriente, forse in Siria, il Paese dove il 31enne ha perso la vita. Facendo un passo indietro, quando viveva ancora a Brunello, Oussama ha incontrato anche fisicamente la scrittrice, con la quale in precedenza aveva conversato solo su Facebook, durante una presentazione del suo precedente libro a Malnate. Intanto è proseguito il suo percorso di radicalizzazione, culminato nelle espulsioni e nella decisione di partire per la Siria. "Mi ha fatto l’impressione di una persona equilibrata, che esprimeva le sue opinioni - conclude Layla Olivetti -. Non sembrava certo un guerrafondaio, una persona pronta a combattere".