Fat Bike, in bicicletta sulla neve: ecco il nuovo trend

In Valtellina spopolano le mountain bike con le ruote molto grosse utilizzate dagli appassionati anche per percorrere tracciati fangosi, sabbiosi o sdrucciolevoli di FULVIO D’ERI

Fat Bike

Fat Bike

Livigno, 15 gennaio 2016 - Il fenomeno del momento si chiama fat bike. Sono le mountain bike con le ruote molto grosse utilizzate dagli appassionati per pedalare sulla neve e non solo, perché queste biciclette sono l’ideale per percorrere i tracciati fangosi oppure quelli sabbiosi o, ancora, quelli sdrucciolevoli dei greti dei fiumi. Ne abbiamo parlato con Silvio Mevio, maestro di mtb della Federciclismo, nonché uno dei primi che ha creduto nelle potenzialità di questa bicicletta dalle ruote super grasse. «Fat bike in inglese vuol dire letteralmente bicicletta cicciona e questo evidenzia la «generosa» sezione delle coperture che addirittura sono il doppio di quelle normali ovvero oltre i quattro pollici. Tutto è incominciato alla fine degli anni ’80, precisamente nel 1989, in seguito ad un progetto di Simon Rakower che, nel suo laboratorio in Alaska, casualmente ha unito due cerchioni da 26 pollici per poi limare il bordo interno dello stesso cerchio. Queste ruotone sono state poi montate su bike standard da off road e hanno fatto il loro debutto sui terreni innevati del Nord America. Proprio negli stessi anni nel Nuovo Messico furono sviluppate delle fat bike per percorsi sabbiosi». Dopo una quindicina di anni, nel 2005, venne ripreso questo concetto di mtb e il primo progetto industrializzato è stato quelo targato «Surly», giovane azienda degli «States», che ha sviluppato il modello «Pugsley», una fat bike dal telaio in acciaio ed equipaggiata con ruote maggiorate con le celebri coperture Endomorph».

«Il successo della fat bike è dovuto sia alla sezione maggiorata della copertura che consente un’aderenza assoluta sia alla bassa pressione delle gomme, variabile da 0.5 a 1 bar, che permette al biker di galleggiare sopra a superfici morbide quali neve, fango, sabbia del deserto o delle spiagge. E chiunque sale su una fat bike si sente un biker provetto, perché le dimensioni delle coperture, vicine ai 29 pollici, rendono la bicicletta particolarmente facile da controllare e quindi da guidare». Il costo? «Diciamo che una fat bike base può costare 2000 euro». Oramai sono circa quattro/cinque anni (ma per essere precisi il fenomeno, ovvero quello di praticare la mountain bike anche durante il periodo invernale, risale a fine anni Ottanta e primi anni Duemila con impiego di «bike» da 26» e ruote chiodate con sezione da due/due e mezzo) che in alta Valtellina si pratica con discreto successo la fat bike, sia da un punto di vista cicloescursionistico che agonistico. Molteplici le proposte fatte dalle guide, maestri e istruttori di mtb attraverso una serie di proposte che spaziano dalla «winter bike school» fino alle cicloescursioni guidate ed ultimamente (gennaio 2016) anche con del «sano» agonismo.

Proprio sulla pista Viola (presso il centro biathlon) in Valdidentro è andata in scena una riuscitissima e molto partecipata (circa una centinaio i concorrenti) «Mapo - sprint - fat – bike - race» che ha destato la curiosità dei molti spettatori presenti ai bordi della pista, ma soprattutto ha stimolato sia i partecipanti che i neofiti ad approfondire la conoscenza di questo vero e proprio fenomeno che è destinato ad esplodere nei prossimi anni. «Gli organizzatori dell’evento sono già all’opera per organizzare un vero e proprio circuito di «winter - fat – bike – race - sprint» nel 2017, ricalcando una bellissima manifestazione «Gommina ice challenge» organizzata negli anni Ottanta, a Bormio, allorché un gruppo di biker professionisti diede vita ad una serie di gare impiegando una mountain bike da 26“ con sezione da due/due e mezzo pollici e con un cerchione (Fir) creato appositamente per «accogliere» più di cento chiodi avvitati sulla stessa copertura». Lunga vita alle fattie.