Desio, in moschea l’ora della svolta: "Adesso predichiamo in italiano"

Se per chi teme “strani discorsi” di indottrinamento, la novità sarà un segno di trasparenza. Un modo per far comprendere i sermoni a più persone, in modo da aumentare, se possibile, la platea dei fedeli di Allah di Alessandro Crisafulli

Musulmani in preghiera

Musulmani in preghiera

Desio (Monza), 4 febbraio 2015 - "Sermoni in italiano: è giusto, siamo quasi pronti". Ad annunciare la svolta a suo modo storica – invocata da molti, all’insegna della trasparenza e dell’abbattimento delle barriere e delle diffidenze – è Ashraf Mohammed Koakhar, il leader dell’associazione Minhaj-ul-Quran e della comunità pakistana di Desio e della Brianza. Un leader moderato e che, da sempre, si batte per l’integrazione e il dialogo interreligioso. Un leader che subito dopo l’attentato terroristico di Parigi ha invocato la massima collaborazione con le forze dell’ordine e che adesso annuncia un nuovo passo concreto, per cancellare le paure: «Se viviamo qui è giusto fare dei passi verso il Paese che ci ospita – dice Ashraf - quindi sicuramente i sermoni in italiano è una cosa che vogliamo introdurre. In modo che se viene qualche italiano può capire anche lui cosa viene detto. Per noi è una novità all’insegna della trasparenza. Ci stiamo organizzando per farli ma ci vuole un po’ di tempo perché bisogna trovare qualche predicatore che sappia bene l’italiano. Comunque, ci arriveremo presto».

A__WEB

Non resta che attendere per la “prima” che si terrà prossimamente nella moschea di via Forlanini, quella di riferimento per la comunità pakistana. In questa direzione, del resto, aveva spinto anche poche settimane fa l’Unione delle comunità islamiche d’Italia: «I sapienti hanno autorizzato, da molti secoli, la traduzione dei significati del Libro di Allah – spiega la direzione dell’Ucoii - in maniera che anche le persone non arabe potessero comprenderne il senso e ricavarne monito e guida in questa vita, seguire i suoi insegnamenti e sperare nel compenso senza fine. Oggi la nostra comunità in Italia è sempre più variegata, oltre ai fratelli e le sorelle arabofoni, molti altri credenti musulmani vivono nel nostro Paese e frequentano le moschee. Questi musulmani, italiani, bengalesi, pakistani, albanesi, macedoni, turchi e molti africani, nella loro grande maggioranza, non comprendono l’arabo e presenziano alla preghiera del venerdì per pura obbedienza ma senza trarre dal sermone gli insegnamenti necessari al rafforzamento della conoscenza in merito alla loro, nostra, religione».

Se per chi teme “strani discorsi” di indottrinamento, la novità sarà un segno di trasparenza, per i musulmani è quindi in primis un modo per far comprendere i sermoni a più persone, in modo da aumentare, se possibile, la platea dei fedeli di Allah. «Questa pratica, lecita, necessaria e virtuosa – aggiunge comunque l’Ucoii - avrà anche l’indubbio vantaggio di eliminare ingiusti sospetti in merito al contenuto del sermone che noi ben sappiamo essere sempre rivolto all’insegnamento del bene e della giustizia». Sospetti che la comunità pakistana di Desio cerca di cancellare ormai da 10 anni, dimostrando l’apertura al territorio, la collaborazione con le istituzioni e le associazioni locali, la volontà di valorizzare il rispetto reciproco, l’integrazione e il dialogo interreligioso, così come la condanna degli atti terroristici, che è sempre stata ampia, netta, chiara, puntuale.