Coldplay per due a San Siro: uno show pieno di sogni

Sale l'attesa per il doppio concerto a Milano

Chris Martin, leader dei Coldplay

Chris Martin, leader dei Coldplay

Milano, 2 luglio 2017 - United Colors of Coldplay. Il globalismo impigliato nel celebre “claim” del golfino ben si presta a circoscrivere alla festa di colori che Chris Martin e compagni depositano domani e martedì tra gli spalti di San Siro. Il concerto più bramato e controverso dell’anno, che la band inglese apre con un manifesto dal sapore esistenzialista attagliato al loro status di popstar planetarie; il monologo di Charlie Chaplin ne “Il grande dittatore”. “…Mi dispiace, ma io non voglio fare l’imperatore, non è il mio mestiere. Non voglio governare, ne’ conquistare nessuno, vorrei aiutare tutti se possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi”. I colori uniti, appunto, come metafora della diversità che diventa unità grazie alla musica nel rispetto del (Oliviero) Toscani-pensiero secondo cui il conformismo è il peggior nemico della creatività “e chiunque sia incapace di prendersi dei rischi non può essere creativo”.

La sfida che aveva davanti la band di “A head full of dreams” era quella di riuscire scacciare la cupa introspezione del predecessore “Ghost Stories”, segnato dagli strascichi dell’addio di Martin a Gwyneth Paltrow, con uno scintillante party a tutto volume inondato di coriandoli, esplosioni, raggi laser, braccialetti luminosi e giochi pirotecnici. «È molto facile essere misteriosi, ma molto difficile comunicare la verità. È un’arma a doppio taglio. Ma a noi non fa paura - spiega il cantante. - a volte temo che sul palco le cose possano non andare come vorrei, e la cosa m’inquieta, ma non mi spaventa; perché sono fatalista e, se accadesse per davvero, me ne farei una ragione dicendo che è destino. A farmi realmente paura, sarebbe salire sul palco senza sapere cosa sto facendo».

Rischio ridotto a zero, o quasi, in questo settimo tour mondiale dei Coldplay, portato al debutto in Argentina a primavera del2016 riprendendo concettualmente la colorata esuberanza “hippie” di quello di quello messo in strada cinque anni prima per sostenere le fortune dell’album “Mylo Xyloto”. «IN “An head full of dreams” volevamo mettere insieme tutta la musica che amiamo, da Drake agli Oasis, sapendo che tanto non avevamo nulla da perdere - riprende Martin -adesso siamo a nostro agio con l’idea di non piacere a tutti”. Sarà, ma un tour da 117 show in quattro continenti, tutti sold-out finora, capace di richiamare finora 3 milioni e mezzo di spettatori con un incasso superiore ai 400 milioni di dollari sembrerebbe dimostrare il contrario. Cifre gigantesche, capaci di dare, però, il senso di quanto continuano a pesare il messaggio multirazziale e multiculturale delle varie “In my place” o “Viva la vida” sul mercato del live.

Proprio per questo ha sorpreso un po’ il comportamento tenuto da Martin & Co. nei confronti del pubblico italiano, pianificando in due anni di tour solo questa doppia replica milanese e rifiutandosi di aggiungerne una terza al Circo Massimo di Roma che avrebbe soddisfatto altri centomila fans e disinnescato la miccia di quel secondary ticketing su cui è scesa in campo addirittura la magistratura. Una scelta che si commenta da sola, tenuto conto dei 3 show riservati alla Svezia, dei 5 show in Francia e dei 9 in Germania.

 

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