Spari a Palazzo di Giustizia, "Omissione d’atti d’ufficio". E i pm di Brescia indagano il tribunale di Milano

Chi non ha controllato ne risponderà, chiesti i nomi dei vigilantes in servizio di Beatrice Raspa e Marinella Rossi

Sparatoria in tribunale a Milano

Sparatoria in tribunale a Milano

Milano, 14 aprile 2015 - Omissione d'atti d’ufficio. La Procura di Brescia indaga il palazzo di giustizia di Milano. Sulla sicurezza. Sui controlli. Sugli ingressi troppo disinvolti e su chi doveva vigilare. Smaltiti gli atti formali di convalida dell’arresto e dell’interrogatorio di garanzia dello stragista del giovedì 9, Claudio Giardiello, in carico all’ufficio giudiziario di Monza, la Procura bresciana, con il capo Tommaso Buonanno e il sostituto Isabella Samek Lodovici, apre un fascicolo nel fascicolo su quel giorno di sangue. Da un lato le accuse di omicidio plurimo volontario, aggravato dalla premeditazione, e tentato omicidio plurimo (con porto abusivo d’arma) a carico di Giardiello. Dall’altro l’ipotesi di omissione in atti d’ufficio, tutta dedicata ai mancati controlli all’ingresso, al momento a carico di ignoti. Ma perché gli ignoti non restino tali, la Procura bresciana ha chiesto a Milano - gli atti vengono compiuti per rogatoria dal procuratore aggiunto Alberto Nobili e le indagini sono delegate ai carabinieri di Milano - l’elenco completo delle persone in servizio in tribunale il giorno della strage. 

Chi non ha controllato ne risponderà: eppure le indagini non potranno risolversi con il capro espiatorio di un addetto alla vigilanza che, per distrazione o perché pressato dalle code e dalla velocità, ha preso per buona quell’idea di tesserino da avvocato che Giardiello potrebbe aver sventolato da lontano con sicumera. E’ l’intero sistema di sicurezza del palazzaccio che dimostra una serie di lacune. Quel sistema è in carico alla Procura generale, ma tutta l’organizzazione è pianificata in un tavolo composito e composto da varie entità che le scelte - sottolinea il procuratore Edmondo Bruti Liberati - ha vagliato e ratificato all’unanimità. Ci sono tutti i vertici degli uffici giudiziari, l’Ordine degli avvocati, il Demanio, il Comune che, però, sottolinea come la sua presenza al tavolo non sia con potere di voto e di veto, ma più che altro come agente pagatore (nell’attesa di rimborsi, lenti e per lo più tagliati, da parte del ministero della Giustizia).

Claudio Giardiello

Risale a quel tavolo unanime la decisione - ora sotto accusa - di togliere, nel luglio 2014, dall’ingresso di via Manara il metal detector, per spostarlo e raddoppiarne la presenza in Corso di Porta Vittoria, dove l’afflusso del pubblico diventava più pressante per via dell’ufficio relazioni con il pubblico (un super-ufficio informazioni). A quel tavolo la distribuzione della guardiania: 16 guardie (tra Allsystem e Securpolice) su tutti i 4 varchi e su tutto il giorno, ma con custodi non armati all’ingresso di via Manara. L’eliminazione del metal detector da via Manara era a titolo sperimentale, ma era anche, si sottolinea nel palazzo, un modo per agevolare l’afflusso del personale amministrativo, magistrati e avvocati (descritti spesso affrettati e infastiditi dei controlli), e persino i commercialisti, purché muniti di badge. A quel tavolo, e a logiche di spending rewiev, va anche la distribuzione centellinata di telecamere che oggi, cinque giorni dopo il massacro, rimarcano inadeguatezza: distanti e alte rispetto agli accessi, mostrano per lo più immagini così sgranate da consentire di distinguere appena un uomo - dalla barba - rispetto a una donna - dai capelli lunghi.

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