Albero, Casa Italia e Padiglione Zero, Sala li salva: si riapre in primavera FOTO

Parte la caccia agli sponsor. Cina e Golfo vogliono copie dell’opera di LUCA ZORLONI

 Giuseppe Sala e Italia Diana Bracco

Giuseppe Sala e Italia Diana Bracco

Milano, 22 ottobre 2015 - Un punto fisso c’è: l’Albero della vita non pianterà radici altrove. Dopo una pioggia di corteggiamenti per adottare il simbolo dell’Esposizione universale, da piazzale Loreto al quartiere Adriano a Milano, fino all’Idroscalo, da Brescia a Roma, i vertici dell’evento hanno messo un punto fermo alla diatriba. L’Albero resta sul sito di Rho, «congelato» insieme a Palazzo Italia con tutta la sua mostra sulle bellezze del Belpaese e alle scenografie mozzafiato del padiglione Zero.

Expo spa metterà i sigilli alle tre opere, si occuperà della manutenzione fino alla primavera del 2016, quando sullo scorcio della demolizione dei padiglioni, i tre «valori» dell’evento, come li ha definiti il commissario unico, Giuseppe Sala, usciranno dal letargo. «Potranno riaprire a primavera», afferma il manager. I prossimi mesi serviranno per definire i dettagli dell’operazione, a cominciare dalla domanda principale: chi paga? Perché se è vero che smontare e rimontare l’Albero, come vanno ripetendo da mesi i suoi costruttori, costa più che farne uno nuovo (nello specifico, sono serviti tre milioni di euro per tirare su la torre), ora tocca trovare gli sponsor che riaccendano le luci dello spettacolo che in questi mesi ha stregato 14 milioni di persone.

L'assegno è pesante, perché l’affitto di luci, laser, proiettori, giochi d’acqua, fiori gonfiabili, fuochi d’artificio, insomma gli effetti speciali che sul social network Instagram hanno fatto schizzare l’hashtag #treeoflife sopra quello del più antico albero di Natale (come ha spiegato il papà dell’opera, il regista Marco Balich), per sei mesi vale 3,9 milioni di euro di contratto con un raggruppamento di imprese guidato dall’aquilana Agorà. Al netto delle bollette della luce e dell’acqua. «Ora dobbiamo pensare a come riaprire a primavera», ha anticipato ieri il commissario unico di Padiglione Italia, Diana Bracco.

I tempi della demolizione sono stretti, i terreni vanno riconsegnati puliti entro giugno 2016, e per gli organizzatori i piani dei Paesi sono in linea. Già nelle prossime settimane i vertici di Expo spa incontreranno il consorzio dei costruttori, «Orgoglio Brescia», composto da 19 imprese più l’associazione industriale locale, per studiare un programma di riattivazione delle opere. Il pool di imprenditori sta lavorando a una serie di repliche dell’Albero. Non dei cloni, quanto delle opere simili che mescolano ingegneria e spettacolo. Le trattative più avanzate sono con la Cina e ci sono richieste anche da uno dei Paesi del Golfo e dall’area -Stan (ma non dovrebbe essere il Kazakhstan che sta lavorando con Balich a un altro progetto). Tenere in vita Palazzo Italia, l’Albero e padiglione Zero, insieme a Cascina Triulza, per Sala può essere un modo per accompagnare il «processo di rinascita di quest’area, che prenderà del tempo», sulla falsariga del fast post-Expo proposto dal presidente di Regione Lombardia, Roberto Maroni.

di LUCA ZORLONI

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