Il rapper Kiave porta StereoKilling al Biko: "La sfida è sul palco, non con i numeri"

"Tutti si lamentano che non ci sono più jam session? Ok, venite, prendete il microfono e fateci vedere cosa sapete fare!"

Il rapper Kiave

Il rapper Kiave

MIlano, 19 gennaio 2016 - Il 2016 è stato un anno prolifico per Kiave. Iniziato a gennaio con "SteroTelling" e chiuso con l'EP "StereoKilling” (entrambi per Macro Beats/A1 Entertainment). Un concentrato di rime fra ciniche verità e attacchi squisitamente hip hop, “StereoKilling” porta a galla il lato più oscuro del rapper cosentino che non ha avuto paura di “sporcarsi le mani” per restituirci un sound fra i più autentici. Con il suo bagaglio decennale fra album e competizioni di freestyle sarà proprio lui, venerdì 20 gennaio, ad aprire la stagione hip hop del Biko

Non dev'essere semplice passare in poco tempo da un concept album dal sound ricercato come "SteroTelling" ai suoni sporchi e alle punchline dirette di “StereoKilling”…  “Sono molto soddisfatto di come sia andata con StereoTelling ma l’album ha avuto una lavorazione lunga, ci sono voluti quasi due anni. Era un disco che, arrivato a questo punto della mia carriera, ‘dovevo’ fare. Si tratta di un progetto incentrato sulla tecnica dello storytelling e con una minuziosa ricerca del sound. Nel corso dei mesi, però, sentivo crescere l’esigenza di sfogarmi un po’ e, insieme al mio produttore Gheesa, volevamo dimostrare che si poteva fare qualcosa di moderno senza tralasciare i suoni più classici dell’hip hop. E posso dire che ci siamo divertiti moltissimo”.   

Kiave e Gheesa
Kiave e Gheesa

Forse la sua attitudine da freestyler, in qualche modo, le è stata d’aiuto… “Assolutamente sì. Devo ammettere che, fino a SteroTelling, non ero più molto stimolato. Negli anni ho visto comparire tanti nuovi freestyler ma a un certo punto ho realizzato di riuscire a cavarmela ancora bene in questo campo così ho tirato fuori tutta la mia grinta… anche se temo di trovarmi a 50 anni come un ex pugile…”. 

Ma quando si tratta di assemblare un disco l’arte del freestyle è più un pregio o un limite? “E’ sicuramente un pregio, rende il tutto molto più estemporaneo. Il limite, più che altro, sta nella gente che ti associa spesso solo a un freestyler. Ma l’Italia è fatta così: molti artisti vanno avanti perché hanno studiato una formuletta; per tutti Kiave è un freestyler. E io sto cercando di rompere questo meccanismo”.

Il titolo dell'Ep e di ogni singola traccia non fanno sconti… ma cosa significa esattamente "StereoKilling"? “Nel rap c’è sempre stata la metafora dell’’uccidere’. L’intento è stato quello di recuperare il concetto originario di ‘competizione’. Oggi la sfida non è più sui palchi o al microfono ma si basa tutto sui numeri. Molti rapper non hanno esperienza dei live e non sanno nemmeno come ci si comporti su un palco. Il messaggio è chiaro: si deve tornare a competere con la musica non con i numeri”.

In "Serial Killer" dice: "Ringraziate l'hip-hop signore e signori. C'è un serial killer in meno ed un rapper in più là fuori!". E' davvero così forte il potere della musica? “Sì, la musica ha un potere fortissimo. Diciamo che, se sono diventato una ‘bella persona’ è merito dell’hip hop. E’ grazie all’hip hop se ho fatto l’università e letto tanti libri. Ho deciso di farmi una cultura anche solo perché, per fare l’mc, mi serviva padroneggiare bene le parole. Per me la musica è la forma d’arte più forte, il suo potere è immenso”.

I detenuti della Casa Circondariale di Monza insieme al rapper Kiave
I detenuti della Casa Circondariale di Monza insieme al rapper Kiave

In "Uccidimi" ripete come un mantra: "Io sono un mc, non sono un brand..." - tra l'altro su un beat quasi ipnotico -. Ne deduco sia un prendere le distanze da un certo rap. E' così?  “Questa frase non per forza vuole essere una critica agli altri quanto piuttosto un definire ciò che si è. Ormai noi artisti siamo brand che camminano. Eppure l’mc non dovrebbe essere un prodotto. Il mio prodotto sono i dischi, non io. Io non sono un brand”.

Il 2016 è stato anche l’anno di “Parole oltre i muri”, il disco registrato all’interno della casa Circondariale di Monza dai detenuti che hanno seguito il suo laboratorio di scrittura “Una bellissima esperienza. Era il terzo anno che aderivo al progetto. Un laboratorio simile l’ho tenuto anche al carcere minorile Beccaria e spero che questi laboratori continuino. In carcere sono un semplice intermediario, una persona che possa amplificare la voce dei detenuti. Sono convinto che molti di loro abbiano qualcosa da dire e la musica offre questa preziosa possibilità. Attraverso l’hip hop possono far confluire tutta la negatività in qualcosa di creativo e costruttivo. 

Intanto venerdì 20 aprirà la nuova stagione hip hop Biko. Cosa ci aspetta? “Con me ci sarà Gheesa ma non mancheranno alcuni ospiti a sorpresa. L’apertura del live è affidata a Remmy e Biggie Paul mentre a fine serata vorrei fare il classico Open mic. Tutti si lamentano che non ci sono più jam session? Ok, venite, prendete il microfono e fateci vedere cosa sapete fare!”.

Appuntamento al Biko di via Ettore Ponti, dalle 22

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