Endi sogna ancora: ecco il nuovo disco del rapper milanese

L'intervista a Endi: "Il rap oggi è il genere più forte, quello più imprevedibile e capace di rompere le regole"

Il rapper Endi (Foto di Mirko Fin)

Il rapper Endi (Foto di Mirko Fin)

Milano, 23 maggio 2017 - Amore e rabbia si rincorrono tra passato e presente, fino a lasciare spazio alla fiducia nel futuro. È questo il sapore che lasciano le rime di Endi, rapper milenese classe 1986, all’anagrafe Enrico Petillo. Attivo sulla scena hip hop fin dall’adolescenza, l’artista torna a far parlare di sé al grido di “Sognando ancora”, il nuovo album in uscita martedì 23 maggio e prodotto dall’etichetta indipendente “Terapia D’Urto Indie Music”.

Il titolo del disco è un invito alla speranza. Come mai? “A fine lavoro, riascoltando tutto il disco, ho avuto la sensazione di sentire un ragazzo che ha voglia di sognare ancora, nonostante le avversità di un mondo che oggi non offre molte possibilità ai giovani. Una sorta di slogan, l’invito a non rinunciare ai propri sogni anche perché, smettere di sognare, è un po’ come morire”.

Ma in “Musica cattiva” questa frase viene ripetuta quasi come un manta. Perché? “Spesso capita che nei momenti più difficili per un artista fare musica diventi quasi un’ossessione, un mix di odio e amore. Una riflessione sulla quale io e Nerone, il rapper col quale ho collaborato al pezzo, ci siamo trovati subito”.

Il singolo “Speciale” invece è un inno all’amore. Quanto conta questo sentimento? “È fondamentale. Tutti i miei brani d’amore parlano di storie reali questo, in particolare, è una dichiarazione a tutti gli effetti nei confronti di una ragazza. Le emozioni che provo sono per me una potente spinta creativa, qualcosa di magico”.

Dietro l’etichetta “Terapia D’Urto Indie Music” c’è lei? “Sì. Ho voluto creare questo marchio perché non mi piacciono i vincoli e mi sono reso conto che troppo spesso le altre etichette non credevano abbastanza nei miei progetti. Oltretutto non amo vivere di scuse, piuttosto che mollare preferisco assumermi dei rischi”.

Il disco “Il Canto del diavolo” risale ormai a dieci anni fa. Cosa è cambiato da allora nella scena rap? “È cambiato moltissimo. Agli esordi, ad esempio, c’era la voglia di scoprire a fondo la cultura hip hop, scovare i dischi, le informazioni, oggi invece il rap arriva diretto che sia dalla tv, radio o su internet”.

Il rap moda passeggera o genere senza tempo? “Oggi fatti e numeri dimostrano come il rap sia il genere più forte, quello più imprevedibile e capace di rompere le regole. È impossibile ce si esaurisca, purché continui ad evolversi”.

 

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