Rito ambrosiano e rito romano, ecco le differenze

Piuttosto che a Sant'Ambrogio il messale in vigore nella quasi totalità dell'arcidiocesi meneghina, molto deve a un altro vescovo, il semisconosciuto Eugenio

L'arcivescovo di Milano Angelo Scola

L'arcivescovo di Milano Angelo Scola

Milano, 24 marzo 2017 - Nonostante il nome suggerisca più di una qualche consonanza, il rito ambrosiano ha ben poco a che spartire con il patrono di Milano. Piuttosto che a Sant'Ambrogio (339-397 d.C.) il messale in vigore nella quasi totalità dell'arcidiocesi meneghina, la più grande del mondo per estensione, molto deve a un altro vescovo, il semisconosciuto Eugenio. Fu lui nel VIII secolo a garantire la sopravvivenza di una liturgia, che sviluppatasi tra il V e il VII secolo, ancor oggi convive in Italia con il rito romano, il più diffuso in Occidente. Come siano andati i fatti ce lo racconta lo storico del Basso medioevo, Landolfo Seniore, nella sua Historia Mediolanensis.

Si dà il caso che Carlo Magno volesse sbarazzarsi del messale ambrosiano per ridurre la liturgia cristiana a un solo modello, quello dell'Urbe, in nome dell'unità del popolo di Dio. Anche papa Adriano I era dello stesso avviso. Tuttavia, onde evitare lacerazioni nella Chiesa, venne indetto un concilio ad hoc per discutere il da farsi. Nel corso dell'assise il vescovo Eugenio tanto disse e tanto fece per salvare il rito milanese che alla fine si decise di affidarsi allo Spirito Santo... Si misero pertanto sull'altare maggiore della basilica di San Pietro sia il messale ambrosiano, sia quello romano, la chiesa fu chiusa e i padri concordarono di digiunare e pregare per tre giorni di fila. Al termine di cotanta penitenza avrebbero scelto come libro liturgico normativo per tutta la cristianità quello fra i due che fosse stato trovato aperto. Solo che, trascorsi i tre giorni, una volta entrati in San Pietro, i monsignori rimasero di stucco: entrambi i messali erano aperti. Dio aveva deciso di mantenere in vigore ambedue i riti, anticipando evidentemente il Concilio Vaticano II (1962-1965) che di suo ha valorizzato il principio dell'inculturazione del Vangelo nella preghiera come nell'intera vita ecclesiale.

Fin qui la storia, o forse sarebbe meglio dire, l'agiografia. Ma in che cosa principalmente si distingue la messa all'ombra della Madunina da quella romana? Se è vero che entrambe le forme rientrano nei cosiddetti riti latini, validi in Occidente (altri culti particolari sono quello mozarabico, adottato in alcune regioni della Spagna, e quello della diocesi portoghese di Braga, entrambi sopravvissuti alla mannaia del Concilio di Trento nel XVI secolo), l'Eucarestia ambrosiana colpisce per la sua solennità, il suo cristocentrismo e i frequenti rimandi alle preghiere orientali, tanto care ad Ambrogio. Il calendario liturgico annovera sei settimane di Avvento contro le quattro del messale romano e la Quaresima non prevede il Mercoledì delle ceneri. Durante la messa i lettori, prima di proclamare i passi della Bibbia, chiedono e ricevono la benedizione del prete che presiede la celebrazione. Le orazioni sono del tutto distinte e più varie di quelle del rito romano, lo scambio della pace anticipa l’offertorio e non la Comunione, come a volere sottolineare l’urgenza di riconciliarsi con i fratelli e le sorelle prima di portare i doni all’altare. Un'ulteriore particolarità è data dall'incensazione dell'arcivescovo al momento dell'omelia. In questo modo si pone l’accento sulla dimensione profetica del pastore chiamato a guidare la Chiesa di Milano.

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