Marmi e pietre nei "paradisi in terra"

Un itinerario fra i palazzi più belli dell’architettura milanese

Grazia Signori, Silvio Seno e Rodolfo Coccioni

Grazia Signori, Silvio Seno e Rodolfo Coccioni

Milano, 22 settembre 2017 - Un itinerario insolito, alla riscoperta di materiali e pietre lavorate da valenti artigiani che adornano e rendono preziosi, eleganti e accoglienti alcuni degli ingressi dei palazzi più belli di Milano. Scalinate in marmo «apuano», pavimenti in «trachite», pietra di origine vulcanica estratta in alcune cave localizzate nei colli Euganei, caratteristica delle calli veneziane. Materiali preziosi. Raccontano la storia geologica del pianeta. Oltre a quella architettonica di palazzi «anonimi», apparentemente, all’esterno ma con interni che nel 1609 lo storico milanese Paolo Morigia definiva «paradisi in terra». E così si parte da via Aristide De Togni 14, la firma è dell’architetto Pier Giulio Magistretti. Si viene accolti in un confortevole ingresso dove primeggia il «giallo mori», racconta Grazia Signori dell’Ateneo di Scienze, Lettere ed arti di Bergamo.

La passeggiata è un piccolo assaggio della raccolta pubblicata da Taschen nel volume “Ingressi di Milano“, di cui Karl Kolbitz è il curatore. E che verrà riproposta ai milanesi più curiosi il 28 ottobre (alle ore 14, massimo 30 iscritti per iscrizione entro il 21 ottobre store-milan@taschen.com) nell’ambito della Settimana del Pianeta Terra, iniziativa distribuita in diverse regioni italiane. In piazza Sant’Ambrogio si varca l’ingresso al civico 16, è la domus di Luigi Caccia Dominioni. Si viene colpiti dalle statue in ghisa, una copia romana dei cani di Lisippo, due Molossi. Ma è un tripudio di «porfido e granito di montorfano», si illumina la guida. Qua e là spunta anche il marmo di Candoglia, ma non quello usato per costruire il Duomo perchè la cava è stata opzionata solo per «servire» la Fabbrica del Duomo.

È un altro tipo, sempre pregiato, con qualche venatura grigio scuro in più. AL civico 8. Difronte la Basilica di Sant’Ambrogio: il palazzo accoglie i visitatori con un «rosso levanto», una varietà di marmo estratta appunto a Levanto e nei comuni della Riviera spezzina. Ma il pezzo forte, fra gli altri, di questo insolito itinerario, sono due splendidi edifici, il primo in via Morozzo della Rocca 5, con la casa e lo studio di Piero Portaluppi, e il secondo al 10, firmato da Mario Uggè, anni 1934-35. Nel primo l’ingresso è maestoso, con marmi pregiati «verde malachite», meglio conosciuti come «verde Challant».

«Rarità geologica per l’intesità del colore e per la sua genesi legata a profondità marine», sentenzia Grazia Signori. Incanta, infine, quel «marmo palissandro», dolomitico, della Val D’Ossola che adorna il meraviglioso ingresso del palazzo di Uggè. «Non abbiamo inventato nulla che non sia già meravigliosamente presente in natura», dice la guida a proposito delle venature del marmo che sembrano richiamarsi ai tessuti di Missoni.

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