Pietre d’inciampo a Milano: il museo diffuso della memoria

A gennaio i sampietrini saranno installati dall’artista Gunter Demnig

Gunter Demnig installa le Stolpersteine nelle diverse città italiane (Newpress)

Gunter Demnig installa le Stolpersteine nelle diverse città italiane (Newpress)

Milano, 3 ottobre 2016 - L'inciampo, visivo, mentale, anche per chi vi si imbatte casualmente, è assicurato. Non "costringe" ma "suggerisce" un approfondimento. Faranno parte del tessuto urbano i primi sei “sampietrini della memoria’’ che l’artista tedesco Gunter Demnig installerà, per la prima volta a Milano, il 19 gennaio.

ARTE E COMMEMORAZIONI Gunter Demnig installa le Stolpersteine nelle diverse città italiane e, sopra, nel tondo, la mappa delle pietre d’inciampo e un sampietrino installato a Roma che riporta i dati biografici dei deportati razziali o politici. Viene interrato nel marciapiede davanti alle abitazioni, scuole o luoghi di lavoro di ogni persona che è stata perseguitata
ARTE E COMMEMORAZIONI Gunter Demnig installa le Stolpersteine nelle diverse città italiane e, sopra, nel tondo, la mappa delle pietre d’inciampo e un sampietrino installato a Roma che riporta i dati biografici dei deportati razziali o politici. Viene interrato nel marciapiede davanti alle abitazioni, scuole o luoghi di lavoro di ogni persona che è stata perseguitata

Milano renderà omaggio alla memoria dei suoi concittadini installando un sampietrino sotto l’abitazione, o luogo di lavoro (anche scuole), nel quale non sono più tornati. Ricordando il tragico destino di persone in carne ed ossa, non "pezzi", "stück", non numeri. Cittadini perseguitati semplicemente perchè ebrei o perchè contrari al regime fascista.

In corso Magenta, al civico 55, oggi sede di Cairo editore, abitava una giovanissima Liliana Segre. Qui sarà installata una delle prime pietre d’inciampo. "Solo sei pietre, dopo 70 anni, una goccia nel mare ma sono realista, l’importante è iniziare", aggiunge Segre, nominata da poco presidente del Comitato milanese Pietre d’inciampo.

Il suo amatissimo papà, Alberto Segre, arrestato a Selvetta di Viggiù e con lei deportato dal Binario 21, morì ad Auschwitz, il 27 aprile del 1944. Il loro destino, racconta Liliana, una fra i pochi e ancora attivi testimoni pubblici della Shoah, prese strade diverse, su quella maledetta «judenrampe», la stazione di arrivo degli ebrei, a meno di un chilometro dal lager di Auschwitz II Birkenau. Una rampa preparata per i treni che giungevano da tutta Europa. Le donne e i bambini a destra, gli uomini a sinistra. "Fui obbligata ad intrupparmi nel gruppo delle donne - rievoca in una delle sue testimonianze rese davanti agli studenti di numerorissime scuole italiane - e mio papà era là, oltre quella spianata, con gli altri uomini. Lasciai per sempre la sua mano, non lo avrei mai più rivisto ma allora non potevo saperlo".

Nel settembre del 1938, prima delle leggi razziali, Liliana era "una bambina come le altre. Vivevo felice nel mio microcrosmo familiare, abitavo in corso Magenta al numero 55 con mio papà e i nonni Olga e Pippo, dolcissimi e molto amati. Mio padre, rimasto vedovo, era tornato a vivere con i suoi genitori".

In via dei Chiostri, al civico 2, c’era invece lo studio di Gianluigi Banfi, Giangio per tutti, fondatore insieme a Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico (Aurel) Peressuti e Ernesto Nathan Rogers dello studio di architettura ed urbanistica Bbpr, dall’acronimo dei loro cognomi, gruppo professionale che diventerà punto di riferimento per l’architettura razionalista Italia. Giangio partecipa alle Triennali del 1933, 1936 e 1939 e firma progetti importanti quali il Palazzo delle Poste e Telecomunicazioni dell’Eur e e i Padiglioni della Fiera di Milano (1937).

"Mio padre fu arrestato per la sua intensa attività antifascista - ricorda il figlio Giuliano Banfi, che è stato anche assessore comunale per un decennio, dall’80 al ’90 ed è depositario, attraverso i racconti della madre, Giulia, della memoria familiare -. È fra i fondatori del Partito d’azione con Parri, Calamandrei, Lombardi, La Malfa, Mario Alberto Rollier, il fratello Arialdo. Importanti gli incontri con Ernesto Rossi e Spinelli".

Lo studio di via dei Chiostri diventa la sede di questi incontri, "per questo ho preferito che si mettesse qui il sampietrino della memoria", aggiunge Banfi.

Giangio viene arrestato il 21 marzo del 1944 e in aprile parte dal Binario 21 per Fossoli. Morirà a Gusen, "di fame, di stenti, di torture e di lavoro schiavo, di servizie e di malattie il 10 aprile 1945", come racconterà il suo amico, il pittore Aldo Carpi. Adele Basevi Lombroso (Vespri Siciliani) e Dante Coen (via Plinio), arrestati per la sola colpa di essere ebrei, moriranno nei campi di sterminio di Auschwitz e Buchenwald. Come l’antifascista Giuseppe Lenzi, collaboratore di Ferruccio Parri, morto a Gusen e Melchiorre De Giuli (via Milazzo), capocellula dell’Autelco, “gappista“, deceduto a Dachau.

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