Antonio Cabrini: "Sullo scooter ho scoperto la piccola-grande Milano portatrice di opportunità"

Cabrini, dal calcio al ruolo di ambasciatore Expo di Massimiliano Chiavarone

Antonio Cabrini

Antonio Cabrini

Milano, 2 agosto 2015 - «A Milano non puoi entrare a gamba tesa. Prima la devi conoscere e poi puoi inserirti». Lo racconta l’allenatore ed ex calciatore Antonio Cabrini.

È un’affermazione che non ti aspetti fatta da un lombardo. Lei è di Cremona, non dovrebbe avere più facilità a capire la mentalità del  capoluogo della sua regione? «Ho scoperto Milano nell’età della maturità. Prima pensavo che fosse solo un guazzabuglio, un posto caotico dove tutti sono in tangenziale dalle 7 alle 19. Invece poi l’ho trovata simile a me. E’ una città decisa che ama la chiarezza».

Da ragazzino visitava Milano? «Sì, venivo con mio fratello Ettore che ha 3 anni più di me. Andavamo in Fiera, soprattutto quando c’erano esposizioni di auto e moto. Ma poi tornavamo a Cremona. Con Milano avevo un rapporto distratto, segnato da quale pregiudizio. Anche quando ero in carriera, giocavo nella Juventus e venni tante volte qui per disputare le partite con Milan e Inter tra gli anni ’80 e ’90 ».

E quando è cambiata la sua idea di Milano? «Circa 5 anni fa, quando ho deciso di trasferirmi qui con la mia compagna Marta che lavora nel campo della moda. Ironia della sorte, tante volte ero venuto in questa città perché sotto contratto per campagne pubblicitarie anche per marchi di abbigliamento sportivo. Ma ora ho scoperto la Milano che mi piace».

Si riferisce alla sua strada preferita? «Sì, in realtà è più grande di una strada: è piazzale Libia. Viviamo qui da alcuni anni, in un attico che abbiamo trovato per caso. E ha una vista spettacolare: quando il cielo è sereno riusciamo a vedere le cime di alcune montagne. È una zona piena di verde, con molti metri quadrati di parco che amo attraversare a piedi. In questo quartiere poi si assiste a una realtà che di solito è diffusa nei paesi: ci sono i ragazzi che giocano a pallacanestro e a pochi metri di distanza si trovano gli anziani che si divertono a bocce. Un bell’incontro tra generazioni, sono vicine, si sfiorano e può capitare anche che ci sia uno scambio di battute e sorrisi. E pensare che siamo in una zona semiperiferica di Milano, non in una piccola località. Il bello di Milano è che è una città sempre in movimento, ma basta allontanarsi dal centro per stare tranquilli. Infatti ho l’impressione che i milanesi si spostino poco tra un quartiere e l’altro, preferiscono stare nella loro zona».

Lei, invece, si sposta? «Sì, soprattutto in scooter. A Milano è il mezzo migliore. Girando in motorino ti rendi conto che in realtà questa città è piccola e che vai da nord a sud solo in 20 minuti. Sulle due ruote la esploro: vado in Ripamonti come in centro, mi incanto a guardare alcuni palazzi e anche gli accostamenti inediti per esempio eleganti case dell’800 circondate da case più basse e modeste. Milano è stratificata. Ed è meravigliosa guardarla anche dall’alto. Qui ci sono case con terrazzi dalla vista incredibile. Sono ambasciatore dell’Expo e in questi mesi mi sono reso conto che Milano è diventata la regina d’Italia, per i milioni di visitatori che ammirano sia i padiglioni della struttura di Rho-Pero sia la città stessa».

A lei Milano cosa ha dato? «Qui sono valorizzato come persona, sento che posso esprimermi e che vengo ascoltato. L’atteggiamento di ascolto dei milanesi e anche di confronto mi piace molto. E’ un modo per affrontare il presente e il futuro con maturità e per far funzionare le cose. A Milano tutto è accessibile, questa città è “una portatrice sana di opportunità“».

E la sua carriera le ha riservato tutto quello che sperava? «Sì, ho avuto quello che mi auguravo, anche se poi ho smesso a 34 anni. Lavoro da 4 anni per la Federazione Gioco Calcio e sono commissario tecnico della Nazionale Femminile «A», cioè della prima squadra. Ma mi sento pronto per nuove sfide. Quelle che la Federazione mi vorrà lanciare».

mchiavarone@yahoo.it

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