Violenza sessuale a San Vittore, la sentenza: "Don Barin orientò servizio alla libido"

Pubblicate le motivazioni della sentenza con la quale i giudici hanno aumentato da 4 anni a 5 anni e 4 mesi la condanna per don Alberto Barin, il cappellano di San Vittore accusato di 12 casi di violenza sessuale su detenuti ed ex detenuti extracomunitari per reati di microcriminalità

Don Alberto Barin

Don Alberto Barin

Milano, 21 luglio 2015 - Pubblicate le motivazioni della sentenza con la quale i giudici della prima corte d'appello hanno aumentato da 4 anni a 5 anni e 4 mesi la condanna per don Alberto Barin, il cappellano di San Vittore accusato di 12 casi di violenza sessuale su detenuti ed ex detenuti extracomunitari per reati di microcriminalità.

Quelli oggetto del procedimento, come riportano le motivazioni, sono "sfregamenti, toccamenti, baci in bocca perseguiti da un ministro di culto nell'espletamento deviato, perché orientato al soddisfacimento della 'libido', di un servizio destinato a soggetti in posizione debole, di fragilità, bisogno e cattività fisica e sessuale; condotte che, trovando in tale contesto una circostanza aggravante, sono ancor più intollerabili e idonee a suscitare sensazione di disgusto e riprovevolezza". Il riferimento è all'aggravante dell'abuso di autorità da parte di un ministro di culto che non era stata riconosciuta in primo grado.

In primo grado il 28 marzo 2014 il giudice per l'udienza preliminare Luigi Gargiulo aveva inflitto una pena molto più bassa rispetto ai 14 anni e 8 mesi di carcere chiesti dai pubblici ministeri Daniela Cento e Lucia Minutella, in parte perché aveva assolto il prete da otto accuse di violenza sessuale, in parte perché aveva derubricato le altre quattro imputazioni, riconoscendo all'imputato l'attenuante della lieve entità dei fatti contestati ed escludendo l'aggravante dell'abuso di autorità. In secondo grado, a corte presieduta da Rosa Luisa Polizzi ha dichiarato don Barin responsabile di otto casi di stupro, riconoscendo l'aggravante esclusa da Gargiulo e ritenendo prescritti alcuni casi di induzione indebita.

Nelle motivazioni Polizzi afferma: "Colpisce, ma in questo quadro è inevitabile, che le parti lese in questione siano tutte persone giovani, in situazione di emarginazione e solitudine sul territorio dello Stato, prive di supporto esterno e di disponibilità economiche, mosse dallo scopo per loro urgente di ottenere dal cappellano non il servizio religioso dovuto, bensì un 'benefit' o una provvidenziale intermediazione, ovvero una raccomandazione, decisiva per la vita carceraria". E di certo si condividono "le valutazioni del primo giudice in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche, avuto riguardo all'ampiezza e alla reiterazione delle condotte incriminate, alla strumentalizzazione della funzione, alla fragilità ed emarginazione dei destinatari delle condotte illecite e considerato l'ampio corredo di formazione personale e di possibile sostegno di cui l'imputato disponeva per soppesare l'entità e il disvalore delle proprie condotte illecite".Il sostituto procuratore generale Laura Barbaini aveva chiesto la condanna a 7 anni e 4 mesi.

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