Festivaletteratura, terroristi islamici sospesi sul baratro tra fede e cultura

Il sociologo Olivier Roy presenta il suo ultimo libro “Generazione Isis”

Oliver Roy (Ansa)

Oliver Roy (Ansa)

Mantova, 8 settembre 2017 - Ma è davvero una guerra di religione quella che sta turbando le nostre vite di occidentali? Oppure è una forma di estremismo generazionale che oggi dà linfa al radicalismo islamico? Olivier Roy è un sociologo e orientalista francese e insegna a Firenze. Al Festivaletteratura presenta il suo ultimo libro che già nel titolo (“Generazione Isis”, Feltrinelli) contiene la risposta alla domanda iniziale. In continuità con un altro suo testo, intitolato “La santa ignoranza”, Roy sovverte la prospettiva con la quale normalmente si guarda al terrorismo di matrice islamica e risponde in modo originale alla domanda: chi sono i nostri ‘nemici’? Per farlo sceglie un rigoroso metodo sociologico e analizza nei particolari le figure di 150 protagonisti di atti terroristici commessi in Europa a cominciare dal primo, ormai risalente al 1995.

Cosa dicono i numeri? Che il 60% degli autori di attentati di questo tipo appartiene alla seconda generazione di immigrati musulmani. Assieme a loro agisce una parte di convertiti, calcolata in Francia, Belgio e Germania nel 25% (questa percentuale è più forte in Italia) attratta dal rigore della religione islamica, ma quasi mai anche dalla sua cultura. Cultura, appunto, un concetto chiave: la seconda generazione ha tagliato i ponti con la prima, parla perfettamente francese, tedesco o catalano a seconda del Paese ospite, non comprende e non legge l’arabo dei padri e dei nonni. Dopo 22 anni dovrebbe essere seguita da una terza generazione di aspiranti martiri, ma questo non è avvenuto. Altra caratteristica del terrorista ‘modello Isis’ è il nichilismo, che nasce, dice Roy, dal distacco tra religione e cultura. In Germania la maggioranza degli islamici è turca, ma non c’è nemmeno un turco tra i fan del Califfato, perché quella comunità tiene insieme fede, lingua e tradizioni culturali. In Francia e altrove non accade e qui fiorisce la ribellione che sfocia nell’estremo sacrificio.

Lo studioso francese afferma che i radicalizzati islamici sono un miscuglio tra anarchismo delle origini e terrorismo delle Br o di Action Directe, gruppi che dicevano di rivolgersi a una base (il proletariato operaio, ad esempio) in realtà inesistente. Come non esiste il ‘popolo’ nel nome del quale i giovani islamici si fanno saltare in aria. In realtà cercano il paradiso per se stessi, ma non pensano nemmeno a migliorare la società. La loro violenza è fine a se stessa, non ci sono mediazioni, non hanno un piano B, tant’è che la grandissima parte muore in un’esplosione o si fa uccidere dalla polizia. Potrebbero non farlo, invece... Olivier dipinge il ritratto di giovani uomini, spesso marginalizzati, però profondamente intrisi di sottocultura occidentale (lo slang giovanile, discoteca, droga, fast food) che si fanno affascinare dall’unica ‘offerta’ di ribellione presente sul mercato: quella che li attira inesorabilmente verso l’apocalisse.