Il condizionatore non funziona bene: pazienti in rivolta al Maggiore

Lodi, a causa del caldo soffocante in ospedale alcuni pazienti si sono dovuti far portare da casa il ventilatore

L’ingresso dell’ospedale Maggiore di Lodi

L’ingresso dell’ospedale Maggiore di Lodi

Lodi, 7 luglio 2015 - «Sono ricoverato da una settimana: ho dovuto portarmi il ventilatore da casa; chi invece, sfortunatamente, non ce l’aveva, l’ha dovuto acquistare. Altrimenti, qui a letto, nel reparto di Nefrologia, non si resiste». Lorenzo Novati, ex comandante dei vigili del fuoco di Casalpusterlengo per molti anni, è uno dei pazienti ricoverati al secondo piano dell’Ospedale Maggiore, anche se le segnalazioni in redazione per il disagio patito da malati, parenti e personale, durante questo fine settimana, si sono intensificate proporzionalmente con la salita del caldo torrido. «Parlando con il personale infermieristico è saltato fuori che si tratta di una situazione che va avanti da cinque anni ma, nonostante le sollecitazioni del personale stesso, il problema non è stato risolto – prosegue Novati –. Qualche persona è andata a reclamare in direzione e gli è stato detto che l’impianto di condizionamento c’è ed è acceso, che bisogna chiudere le finestre. Bisognerebbe provare, prima di fare certe affermazioni. La verità è che basta mettere un mano sui bocchettoni dell’impianto per capire che di aria fresca non ne esce affatto; infermieri e medici, che lavorano in modo encomiabile in queste condizioni, lasciano aperta la porta di ingresso (a vetri, scorrevole) del reparto per far entrare un po’ di fresco che c’è nella hall del secondo piano; ma chi, come me, è ricoverato nelle ultime stanze in fondo al corridoio, non ne trae alcun giovamento».

«Tutti gli anni, come ci testimoniano i dipendenti, c’è la ‘guerra dei pinguini’, ovvero dei condizionatori portatili contesi da vari reparti – aggiunge Stefano Lazzarini, segretario del sindacato Confsal –. Tutto ciò è frutto di ristrutturazioni di reparti fatte un pezzo alla volta, senza un’impiantistica coordinata e generalizzata, di una politica che spende per fare un bell’androne con bar che costa caro a chi paga le tasse ma non pensa al benessere dei pazienti, di un direttore generale che non si interessa né dei problemi sindacali né, evidentemente, di quelli tecnici, quando invece servirebbe appunto un coordinamento. Il caldo, inoltre, non è stato una ‘sopresa’: era ampiamente annunciato«. Ma l’azienda si difende: «Del condizionamento in Nefrologia ne abbiamo parlato oggi – afferma il direttore generale dell’Azienda Ospedaliera, Giuseppe Rossi – stiamo vedendo cosa poter fare. Di certo si tratta di un’ondata di caldo eccezionale, sopra i 35 gradi, e i nostri condizionatori, pur funzionanti, non riescono, in quel reparto, ad abbattere la temperature. Non si tratta di un impianto vecchio, ma ogni impianto subisce una particolare funzionalità in base al luogo. Comunque il problema non era noto da tempo ed ora ci stiamo attivando per risolverlo».

laura.debenedetti@ilgiorno.net