Italiane e mamme: ritratto delle vittime di violenza nel Lodigiano

Dall'entrata in vigore del progetto Amati, in dieci mesi il Centro antiviolenza ha accolto il grido d'aiuto di 240 donne, prese in carico 125, allontanate immediatamente da casa sei. E le denunce schizzano al 65 per cento dei casi

La presentazione dei dati

La presentazione dei dati

Lodi, 24 novembre 2015 - Sei le donne per le quali, in dieci mesi, è stato necessario l'allontanamento immediato da casa perché ritenute ad 'alto rischio', ossia in pericolo di vita, a causa del compagno violento. Di queste, l'ultima, presa a sprangate (20 giorni di prognosi) è ancora sotto protezione ma, dopo un mese, ha già trovato un lavoro e si sente libera. Altre 119, prese comunque a carico del Centro antiviolenza, sono invece ritenute a 'rischio medio' e ciò ha comportato "un allontanamento temporaneo presso familiari o conoscenti per poi tornare nella propria abitazione a processo in corso".

Lo ha spiegato ieri, in sala Granata, Marta Ferrari, responsabile del centro 'La metà di niente' (telefono 331/3495221) gestito dalla onlus Orsa minore nel presentare i dati del 2015, dall'entrata in vigore del progetto 'Amati' che vede capofila il Comune e che ha messo in rete realtà territoriali, dalle forze dell'ordine ai servizi sociali comunali, dalle aziende ospedaliera e sanitaria a Procura e medici di base: "Le donne che si sono rivolte a noi in 10 mesi sono state 240 - ha proseguito - ma quelle che abbiamo preso in carico sono 125. Il 35%, infatti, ha rinunciato perché non ancora pronte o consapevoli, altrettante per paura; di un'altro 30% la metà è stata rinviata ad altri servizi, di consulenza di coppia o psichiatrici, il resto a quelli territoriali di competenza, perché fuori dal Lodigiano".

Il 69% delle vittime è italiana, il 19% europea (soprattutto romene, le straniere più presenti nel territorio); il 30% di Lodi, il resto del territorio (40 casi sono arrivati dalla sola Sant'Angelo, dopo l'attivazione dello sportello 'Amati' al Delmati, col supporto dell'Ao). Solo il 48% lavora mentre ben il 72% ha figli, "fattore che spesso rappresenta una motivazione in più per uscire dalla spirale della violenza. Oltre alla violenza psicologica, condivisa da tutte, il 75% sopporta (nell'80% dei casi da più di 5 anni) violenza fisica, il 47% anche sessuale, quasi il 50% anche quella economica. Subisce stalking il 35% di chi tenta la separazione". 

Ma il dato vincente, che più caratterizza il successo dell'attività di rete, sottolinea Ferrari, "è che il 65% delle donne ha sporto denuncia, contro una media nazionale del 10%. La metà arriva con in mano la denuncia, inviate al centro, grazie ad 'Amati', dalle forze dell'ordine; il resto invece fa il percorso inverso, col nostro sostegno psicologico. La tendenza a pentirsi e ritirare la denuncia c'è sempre, ad un certo punto, ma oggi per legge l'iter va avanti comunque. Metà delle assistite inoltre arriva anche col verbale di pronto soccorso, altre invece si presentano da noi piene di lividi".

Il maltrattante è il convivente (che sia o no coniuge) nel 55% dei casi, il fidanzato nel 24% ma anche il figlio nel 6%. Si tratta quasi sempre di uomini italiani (80%), senza alcun problema (63%) e con un lavoro (67%). Poi ci sono i disoccupati, che sfruttano economicamente la donna che lavora facendosi consegnare lo stipendio (33%), e gli alcolisti (18%). "Abbiamo scelto il nome 'Amati' (www.amatilodi.it) - ha sottolineato l'assessora alle pari Opportunità Erika Bressani - per dare questo messaggio alle donne: se lui non ti ama, amati tu. Il vademecum del nostro progetto ha messo a sistema le azioni, alcune già presenti altre no, ed è stato preso da esempio dalla Regione".