Quando le donne scrivono la Storia

Donne. Capaci di fare la storia, nelle pieghe più profonde della vita quotidiana. E di scriverla, quella storia di ANTONIO CALABRO'

Libri a confronto

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Milano, 8 maggio 2016 - Donne. Capaci di fare la storia, nelle pieghe più profonde della vita quotidiana. E di scriverla, quella storia. La forza amorosa. La lucidità dell’intelligenza del cuore. E l’attitudine speciale a coltivare passioni e nutrire visioni. C’è tutto questo, nelle pagine di “Le streghe di Lenzavacche” di Simona Lo Iacono, magistrato per professione, scrittrice per scelta creativa, volontaria nel carcere di Brucoli (Siracusa), dove tiene ai detenuti corsi di letteratura e teatro. Scrivere, appunto, come senso del vivere. È un luogo immaginario, Lenzavacche, nel Sud Est barocco della Sicilia. Ed è naturalmente un luogo reale, dove s’addensano superstizioni e spirito gretto e servile di paesi dove non è ancora arrivata l’eco dell’impegno per il riscatto sociale e civile. In scena, una donna appassionata e madre amorosa, Rosalba. Un bambino deforme ma affamato di vita, di cui già nel nome, Felice, Rosalba ha cercato di riscattare il destino. E una nonna sapiente e volitiva, Tilde, discendente, s’insinua, dalle streghe che nel Seicento avevano reso tristemente famosa la contrada (ma erano solo donne abbandonate dai mariti, tradite, emarginate). E c’è un maestro di belle speranze, Alfredo Mancuso, che ama insegnare raccontando storie. I loro destini s’incrociano, nella Sicilia degli anni Trenta, provincia bigotta, conformismo in camicia nera fascista. E si ritrovano nel tentativo di difendere i diritti di parola e d’amore. Riuscendoci, a loro modo. Come svelano pagine di buona letteratura, con personaggi ben costruiti, capaci di dare respiro alle fragilità e all’ansia di libertà.

Voglia di riscatto e libertà sono le tensioni che animano pure le pagine di “Caffè amaro” di Simonetta Agnello Hornby, Feltrinelli: la protagonista, Maria Marra, famiglia borghese nutrita di ideali socialisti, va in sposa a Pietro Sala, aristocratico libertino e infedele. E giorno dopo giorno, superando convenzioni, resistenze, ostilità familiari e sociali e concedendosi con libertà anche l’amore per l’uomo della sua vita, Giosuè, figlio d’un animatore dei Fasci siciliani, diventa l’amministratrice del patrimonio del marito. Si capovolgono i ruoli. È lei, a dettare legge sui soldi e le regole del casato. E a dare sapore a una storia personale e sociale che s’intreccia con la più grande storia della Sicilia e dell’Italia, dalla fine dell’Ottocento alla prima metà del Novecento. Altri racconti di donne vanno in scena in un paese che, uscito dalla Seconda Guerra Mondiale, corre veloce verso la controversa modernità. Quello di “Magnifica”, che dà il titolo al romanzo di Maria Rosaria Valentini, Sellerio, donna straordinaria attenta alle memorie di famiglia e impegnata a ricostruire le vicende della madre Ada Maria (“L’andatura fiera. E se fosse stata una pianta avrebbe voluto essere una betulla… sottile e tanto alta da bucare il cielo”) e il suo incontro con “il tedesco”, in un paese dell’Appennino chiuso tra asperità dei luoghi, durezza della vita e ruvidità degli animi. Da vincere. Storia e storie, ancora, in “Forse” di Rosetta Loy, Einaudi, il dopoguerra d’una famiglia benestante, l’Italia che conosce il boom, i ricordi ancora vivi delle sofferenze e delle privazioni della guerra (che influenzano anche le abitudini alla parsimonia della buona borghesia), le vacanze in Monferrato, i libri e il gusto delle libertà. La bambina gracile diventa adolescente. Poi giovane donna. E madre. La letteratura e il cinema invadono la vita. Si cambia, andando verso tempi recenti. L’importante è saper ricordare. E, appunto, raccontare.