La ragazza che ama le stelle. È stata lei a scegliere il nome del robot di Rosetta

Serena Vismara, una ragazza di Arluno. Dieci anni fa, quando la sonda Rosetta è partita per studiare la cometa Churyumov-Gerasimenko, Serena aveva solo 15 anni. Comunque abbastanza per impressionare tutti, vincendo il concorso europeo che assegnava un nome al piccolo robot di Francesco Pellegatta

Serena Vismara

Serena Vismara

Arluno (Milano), 14 novembre 2014 -  12 novembre 2014. Segnatevi questa data perché ha fatto la storia delle esplorazioni spaziali. Per la precisione le 17.03, quando l’Esa (l’Agenzia Spaziale europea) ha ricevuto il primo segnale di una macchina costruita dall’uomo presente sulla superficie di una cometa. Una storia affascinante. E nella storia ha la sua parte anche Serena Vismara, una ragazza di Arluno. Dieci anni fa, quando la sonda Rosetta è partita per studiare la cometa Churyumov-Gerasimenko, Serena aveva solo 15 anni. Comunque abbastanza per impressionare tutti, vincendo il concorso europeo che assegnava un nome al piccolo robot destinato ad atterrare, per la prima volta, sul corpo celeste. Lo aveva chiamato “Philae”, e oggi, dopo un volo tra le stelle di oltre 500 milioni di chilometri, è arrivato a destinazione, posandosi sulla cometa per carpirne i segreti e rimandarceli qui sulla Terra. Dieci anni fa, quando Rosetta era stata lanciata nel cielo, Serena coltivava il sogno di fare l’astronauta. Con il tempo le cose sono un po’ cambiate ma la passione per lo spazio e le stelle è rimasta quella; tanto che oggi, a 26 anni, la ragazzina di allora si sta per laureare in Ingegneria Aerospaziale.

Rosetta manda le prime immagini dalla cometa

Serena, perché avevi scelto il nome Philae? «Philae è il nome di un isolotto sul Nilo. Nel 1799 l’egittologo francese Jean-Francois Champollion completò gli studi sulla Stele di Rosetta, traducendo il linguaggio geroglifico, proprio grazie ad una iscrizione ritrovata su quell’isola. Gli scienziati dell’Esa hanno chiamato la sonda “Rosetta” perché deve risolvere i misteri delle comete, il nome Philae mi era sembrato il suo completamento più naturale».

Dov’eri al momento dell’atterraggio sulla cometa? «Al Centro spaziale Esa di Darstadt, in Germania. Quando la sonda è partita, dieci anni fa, sono andata nella Guyana Francese accompagnata da mio papà; c’è stato un ritardo e non ho visto il lancio, ricordo che è stata una bella delusione».

Il tuo sogno è ancora quello di fare l’astronauta? «É una professione che ha il suo fascino ma anche una scelta di vita, e costa tanti sacrifici. Vedremo, per adesso penso a laurearmi poi vorrei solo lavorare in questo settore».

Perché la missione di Philae è così importante per l’uomo? «É la prima volta che si compie un’operazione del genere. Al di là dei rilevamenti che ci possono far conoscere meglio le origini dell’universo, ci sono da fare una serie di test tecnici che saranno fondamentali per il futuro dei viaggi nello spazio. Per l’uomo si apre una grande porta».