Metastasi, "Sono mafiosi, condannateli": il pm conferma la sua tesi

Ma il giudice non ammette la memoria del sostituto Albertini. La sentenza d’appello attesa per lunedì prossimo

Ernesto Palermo

Ernesto Palermo

Lecco, 11 maggio 2016 -  L’accusa ha ribadito ancora una volta la propria tesi, ovvero che i tre imputati (Ernesto Palermo, Claudio Bongarzone e Alessandro Nania) siano da ritenersi membri di un’associazione mafiosa. Proprio come ritenuto dal tribunale di Lecco che lo scorso 1° marzo aveva condannato Mario Trovato e i tre luogotenenti (Antonino Romeo, Massimo Nasatti e Antonello Redaelli) non come semplici criminali ma facenti parte di un sodalizio dai tipici tratti mafiosi.

Per avvalorare il proprio impianto accusatorio nel processo d’Appello a Milano il sostituto procuratore della Dda, Bruna Albertini, aveva depositato una memoria scritta nella quale venivano inserite alcune intercettazioni e testimonianze emerse durante il processo Metastasi ordinario, quello di lecco appunto. Chiaro l’intento del magistrato: dimostrare che la sentenza scritta dal collegio presieduto dal giudice Enrico Manzi ha creato in qualche modo un solco proprio alla luce del riconoscimento di Mario Trovato come leader della famiglia di ’ndrangheta e prosecutore dell’attività criminosa avviata dal fratello Franco.

Al contrario i giudici della Corte d’appello di Milano hanno ritenuto inammissibile le memoria depositata dal sostituto Albertini accogliendo di fatto la richiesta espressa dai difensori, gli avvocati Gianluca Crusco, Michele D’Agostino e Armando Veneto con il collega Vincenzo Belvedere. Questo significa senza dubbio un successo per i difensori che, a fronte di questa decisione, possono legittimamente sperare che la sentenza di primo grado a Lecco non «influenzi» l’appello per i tre imputati del primo filone dell’inchiesta Metastasi che sin dall’inizio avevano optato per il rito abbreviato.

La pena più severa il Gup di Milano Roberto Arnaldi l’aveva riservata a Ernesto Palermo condannato a sei anni e otto mesi. Per l’insegnante ed ex consigliere comunale a Lecco l’accusa aveva chiesto sedici anni proprio perché indicato come il politico utilizzato dal sodalizio per infiltrarsi e, nello specifico, ottenere l’appalto del chiosco al Lido di Parè, accusa poi caduta a favore della sola corruzione dell’allora sindaco di Valmadrera Marco Rusconi.

In primo gtrado Alessandro Nania si era preso invece quattro anni e 6 mesi mentre Claudio Bongarzone tre anni e 4 mesi. Il Comune di Lecco, parte civile nel procedimento, si è associato alle richieste dell’accusa chiedendo una liquidazione dei danni morali pari a centomila euro. Per la sentenza bisognerà attendere lunedì 16 maggio prossimo.