Avvocatessa milanese finita in un dirupo: l’ombra dello stalker o un delitto inscenato

"È stato ancora lui a tentare di uccidermi", avrebbe confermato l’avvocatotessa agli inquirenti che a rapirla, picchiarla e quindi tentare di ucciderla, gettandola in un dirupo con la sua auto sarebbe stata la stessa persona che la scorsa primavera l’ha aggredita nello studio a due passi dal Palazzo di giustizia di Milano di Andrea Morleo

L'automobile dell'avvocatessa ribaltata in un burrone

L'automobile dell'avvocatessa ribaltata in un burrone

Taceno (Lecco), 15 ottobre 2014 - Le ipotesi sono al momento due. Due piste tra loro antitetiche e per di più con mille sfumature al loro interno. Ma comunque due. Da una parte l’agghiacciante ferocia di uno stalker tornato a colpire con rinnovata brutalità, come sostenuto dalla sua vittima. Dall’altra un racconto del tutto inventato, un tentativo di delitto inscenato che, al di là delle ovvie ripercussioni penali, inquieta non meno della volontà omicida del presunto persecutore. Su quella Peugeot 407 finita nel dirupo e soprattutto sul racconto dell’avvocatessa milanese - la quale racconta di essere stata rapita, picchiata e quindi fatta precipitare con la sua stessa auto - stanno cercando di far luce gli uomini della Mobile di Lecco, coordinati dal sostituto procuratore Silvia Zannini, che al momento però non ha iscritto alcun soggetto nel registro degli indagati. All’indomani di quel pauroso volo d’auto l’inchiesta procede su due àmbiti che si intersecano tra loro. A Lecco il comandante della Mobile, Marco Cadeddu, si è recato personalmente al Pronto soccorso del Manzoni - dove la donna è stata tenuta in osservazione a seguito delle ferite riportate - per raccogliere nuovi indizi sulla vicenda.

«È stato ancora lui a tentare di uccidermi», avrebbe confermato l’avvocatotessa agli inquirenti che a rapirla, picchiarla e quindi tentare di ucciderla, gettandola in un dirupo con la sua auto sarebbe stata la stessa persona che la scorsa primavera l’ha aggredita nello studio a due passi dal Palazzo di giustizia di Milano. L’avvocato avrebbe confermato che sarebbe lo stesso uomo, uno slavo dall’italiano fluente, che si era presentato nello studio dicendo di essere un suo assistito e poi l’aveva aggredita senza alcun motivo. Un uomo che la donna ha sempre sostenuto di non aver mai conosciuto e che proprio per questo ha solo un volto vago, ricostruito sulla base della testimonianza della sua vittima. Per vagliare quell’aggressione precedente gli agenti della questura di Lecco hanno chiesto aiuto ai colleghi di Milano, dove era stata depositata quella denuncia, nel tentativo di trovare punti di incontro con la seconda presunta aggressione dell’altra sera. Al contempo rimane aperta la pista del delitto inscenato, inquietante per le modalità stesse di quanto accaduto al di là dei moventi. La circostanza secondo cui la donna sia ricoverata e al momento non arrivi a pesare nemmeno cinquanta chili, del resto, potrebbe rimandare a problemi di salute psichica con tutto quello che ne consegue.

andrea.morleo@ilgiorno.net