Condoni edilizi, pratiche lumaca: la Lombardia perde 102 milioni

Trent’anni fa la prima legge: 27mila le domande ancora inevase di LUCA SALVI

Più semplice costruire ex-novo  che riordinare l’esistente

Più semplice costruire ex-novo che riordinare l’esistente

Il Centro Studi Sogeea ha presentato a fine aprile in Senato, in occasione del convegno «Trent’anni di condono edilizio in Italia: criticità, prospettive e opportunità» i risultati di uno studio sui tre condoni edilizi promulgati tra il 1985 e il 2003 e sulla capacità di evasione delle pratiche nei comuni Italiani. Nello specifico si tratta del condono del 1985, voluto dal governo Craxi e quelli del 1994 e del 2003 figli dei governi Berlusconi. Il dossier è stato redatto reperendo i dati di tutti i capoluoghi di provincia e i comuni con una popolazione superiore ai 20mila abitanti. Il Giorno ha chiesto un approfondimento sui capoluoghi di provincia lombardi.

Milano, 16 maggio 2016 - A tre decenni di distanza dalla prima legge sul condono edilizio, (varata nel 1985 dal Governo presieduto da Bettino Craxi), nei capoluoghi di provincia lombardi restano ancora 27mila domande da evadere per un valore di 102 milioni di euro: soldi che in tempi di leggi di stabilità e spending review non sarebbe male riscuotere per gli enti locali. Il dato emerge da un approfondimento del Rapporto del Centro Studi Sogeea richiesto da Il Giorno. Un dossier che per la prima volta fa il punto su tutti i numeri della questione: domande di condono edilizio presentate, istanze istruite e da evadere, introiti ancora da incassare. Lo studio è stato redatto reperendo i dati di tutti i capoluoghi di provincia (solo i comuni, non le aree metropolitane attorno). A livello lombardo, solo Como e Lecco non li hanno comunicati. Brescia non li ha forniti per le domande presentate dopo il condono del 2003. Milano è in testa per numero di incassi non ancora riscossi. «Si può stimare che i mancati introiti per le casse del nostro Paese siano pari a 21,7 miliardi di euro – spiega Sandro Simoncini, direttore scientifico del Centro Studi e presidente di Sogeea – 96.205.360 dei quali a Milano città.

Il dato si ottiene sommando quanto non incassato per oneri concessori, oblazioni, diritti di istruttoria e segreteria, sanzioni da danno ambientale». Segue, a grande distanza, Varese, con 495 pratiche da evadere per un valore di 1.876.050 euro. Terza Pavia (318 domande per 1.205.220 euro), quarta Cremona (281 richieste inevase per 1.064.990 euro), poi Lodi (227 istanze per 860.330 euro) e Monza (189 verande, terrazzi, locali o edifici da condonare per 716.310 euro). Cifre più basse per Bergamo (non pervenuti 132.650 euro), Sondrio (34.110 euro) e Mantova (15.160 euro). A Brescia pratiche tutte evase, ma non è noto il dato sulle più recenti. Curiosità: il 78% delle istanze non evase (20.983) è stata presentata con il primo condono edilizio, la legge Craxi del 1985, il 13% (3.373) con quella Berlusconi bis-Tremonti del 2003, il 9% (2.586) con quella voluta nel 1994 dal primo governo Berlusconi.

Quattro scartoffie su cinque giacciono inevase da 5-6 lustri. «Portare a termine la lavorazione delle domande ancora inevase e incassare le spettanze rappresenterebbe per i Comuni una preziosissima fonte finanziaria – ha sottolineato Simoncini –. Considerando la consistenza dei tagli lamentata spesso dagli enti locali, le notevoli cifre di cui si è parlato potrebbero essere restituite ai cittadini sotto forma di servizi o, ancora meglio, impiegate per la messa in sicurezza del territorio». Secondo il Centro Studi Sogeea, circa il 30% delle domande ancora da istruire darebbe luogo a un adeguamento della rendita catastale dei relativi immobili. Per i Comuni, un consistente aumento degli introiti derivanti ad esempio da Imu e Tasi. E i innescherebbe un «volano virtuoso» in termini di lavoro per gli studi di ingegneri, architetti, geometri.