Nella Siria di Lombardia: viaggio tra gli esuli della battaglia di Aleppo

Ancora silenzio da Aleppo. Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, le due volontarie lombarde scomparse nel nord della Siria, ieri risultavano ancora irreperibili. E gli scenari sul rapimento delle due ventenni sono tutti aperti di Federico Magni

Greta Ramelli e Vanessa Marzullo (foto da Facebook)

Greta Ramelli e Vanessa Marzullo (foto da Facebook)

Asso (Como), 9 agosto 2014 - Ancora silenzio da Aleppo. Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, le due volontarie lombarde scomparse nel nord della Siria, ieri risultavano ancora irreperibili. E gli scenari sul rapimento delle due ventenni sono tutti aperti. Gli investigatori devono trovare una risposta a troppi interrogativi: chi gestisce materialmente il sequestro; che intenzioni ha; come poterlo contattare per intavolare una trattativa. «L’ipotesi che possano passare da un gruppo ad un altro è concreta, anche in base alle esperienze passate. Tuttavia non è detto che ciò sia già avvenuto e, comunque, non ci sono evidenze», spiegano alle agenzie fonti in Siria. Nel frattempo, ieri mattina, il sottosegretario agli Affari esteri, Benedetto Della Vedova, ha spiegato in un’audizione in commissione Esteri al Senato che il governo «sta lavorando pancia a terra» per riportare a casa le due cooperanti. 

«Perchè nessuno parla mai della Siria martoriata da una guerra civile fra le più violente e drammatiche degli ultimi tempi?», si chiedevano, già tempo addietro, i componenti di una folta comunità di siriani che vive in Alta Brianza, ad Asso. Erano da poco iniziati i primi scontri ma già si organizzavano per riempire di medicinali furgoni e vecchie ambulanze che in colonna, dopo un viaggio a dir poco rocambolesco, avrebbero raggiunto il confine con la Turchia e tentato di entrare in Siria. Oggi in questa gente l’angoscia per la loro terra martoriata si aggiunge a quella per il rapimento di Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, le due ragazze amiche della comunità siriana dell’Alta Brianza e dell’associazione Rose di Damasco. Questa organizzazione si è dimostrata una delle più attive nel portare aiuti e assistenza ad Aleppo, organizzando un campo base proprio ad Asso, in un garage sul quale sventola la bandiera della Siria libera. Proprio da qui partono i convogli destinati ad Aleppo e altre zone del Paese da dove provengono i cittadini siriani trapiantati fra le montagne del Triangolo Lariano. Fondata da Silvia Moroni, l’ultima ad essere stata in contatto con le due ragazze, e dal marito siriano, Rose di Damasco nasce proprio dalla collaborazione fra giovani attivisti brianzoli e la numerosa comunità siriana che è cresciuta nel territorio dell’Alta Brianza.

Un folto gruppo di immigrati, circa duecento, molti dei quali hanno mantenuto uno stretto contatto con le famiglie rimaste in patria. Chi torna dal confine racconta di macerie, morte e distruzione. «Bombardano anche gli ospedali e gli ambulatori, c’è bisogno di tutto laggiù», i racconti attorno al forno del pane sono sconvolgenti e le immagini raccapriccianti. Molti ragazzi sono stati scossi da quelle parole e si danno da fare con una serie di incontri e banchetti informativi in negozi, nei mercati o altri luoghi come la scuola Steineriana di Como, nel tentativo di raccogliere antibiotici, anestetici, attrezzature per ginecologia e altro materiale medico. Gli scatoloni vengono caricati su vecchi mezzi che devono affrontare migliaia di chilometri fino alla Turchia per poi cercare di varcare il confine ed entrare nella terra di nessuno. Fra questi ragazzi ci sono anche Vanessa e Greta che poco prima di partire per la Siria erano tornate a Como per presentare la loro attività e il progetto del ponte sanitario Horryaty.

federico.magni@ilgiorno.net