REDAZIONE BERGAMO

Prof licenziato per la pipì nel cespuglio, i colleghi chiedono il reintegro

Gli insegnanti dell’istituto scolastico cittadino hanno preso carta e penna e hanno scritto una lettera indirizzata al ministro della Pubblica istruzione, Stefania Giannini e al ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia di MICHELE ANDREUCCI

Stefano Rho (De Pascale)

Bergamo, 15 febbraio 2016 - I colleghi chiedono che venga riassunto Stefano Rho, il docente di filosofia del liceo linguistico Falcone di Bergamo, 43 anni, che il 27 gennaio è stato licenziato, su decisione della Corte dei Conti e dell’Ufficio scolastico provinciale, per non aver dichiarato in un’autocertificazione per il ministero dell’Istruzione la multa di 200 euro che gli era stata comminata la sera di Ferragosto di 11 anni fa per essere stato sorpreso dai carabinieri a fare pipì in un cespuglio ad Averara, dove aveva preso parte ad una sagra. Gli insegnanti dell’istituto scolastico cittadino (106 professori e due rappresentanti del personale amministrativo, tecnico e ausiliario) hanno preso carta e penna e hanno scritto una lettera indirizzata al ministro della Pubblica istruzione, Stefania Giannini, al ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, al direttore dell’Ufficio scolastico territoriale della Regione Lombardia, Delia Campanelli, alla sua collega dell’Ufficio scolastico provinciale, Patrizia Graziani e, per conoscenza, al dirigente scolastico del liceo Falcone, Gloria Farisè.

«Crediamo che una buona scuola - si legge nella lettera - non possa fare a meno di lui e di persone come lui, che si è sempre speso per i ragazzi. Il suo è stato sempre per tutti gli studenti un grande esempio di serietà professionale e umanità. Ci rivolgiamo a voi, confidando che sia possibile reintegrare presto il professor Rho nel ruolo che merita». Intanto il legale di Stefano Rho, l’avvocato Yvonne Messi, ha depositato al giudice del lavoro del tribunale di Bergamo il ricorso contro il licenziamento, che fa perno su tre motivazioni: l’autocertificazione sostitutiva non è mendace, perché riproduce la certificazione corrispondente. Inoltre il licenziamento sarebbe stato dichiarato sulla base di informazioni che l’amministrazione può acquisire, ma non potrebbe utilizzare. Infatti il ricorrente non ha nascosto condizioni ostative all’assunzione, mentre le procedure informatiche del sistema permettono all’amministrazione di “leggere” tutti i dati contenuti nel casellario giudiziale del cittadino, anche quelli non pertinenti alla situazione specifica. Ma dal 2002, per la legge sulla privacy, può utilizzare solo quelli pertinenti ai suoi fini.  

di MICHELE ANDREUCCI