Un fumetto per celebrare Vittorio Brognara, il Caporale che “liberò” Trento dagli austriaci

Brognara, da Fagnano Olona, nel 1918 con due volontari fu il primo a entrare nella città Quel fatidico 3 novembre ora è un libro a strisce. Lui ricordava: avevamo i fucili davanti e dietro

La storia di Vittorio Brognara raccontata in un fumetto

La storia di Vittorio Brognara raccontata in un fumetto

FAGNANO OLONA – La guerra degli umili. La guerra degli eroi per caso, dei protagonisti oscuri. Vittorio Brognara di Fagnano Olona è uno di questi. Forse il suo nome non compare nei libri, ma un fumetto provvede oggi a ricordare l’impresa del primo soldato che entrò a Trento, il 3 novembre del 1918.  Nel pomeriggio venne firmato l’armistizio (entrato in vigore ventiquattr’ore dopo) che metteva fine alle ostilità fra Italia e Impero austro-ungarico.

“Trento 3 novembre 1918” è anche il titolo del fumetto, disegni di Francesco Lucianetti, testo di Brunello Gentile, a cura di Raffaele Peretto. "Anni fa - dice Raffaele Peretto, già direttore del Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo, studioso del territorio polesano - sono venuto a conoscenza della testimonianza di Vittorio Brognara. Dopo i contatti intercorsi con i nipoti e le successive indagini di archivio condotte da Alberto Buratto, ricercatore storico militare, ho pensato di realizzare un opuscolo divulgativo per lasciare memoria di questa straordinaria avventura, facendola rivivere anche attraverso l’immaginario del fumetto”. Al fumetto è affiancata una pubblicazione di Peretto, “Due polesani nella liberazione di Trento”, dedicata a Brognara e al cavalleggero Giacomo Ventura.

Vittorio Brognara era infatti venuto al mondo il 29 marzo 1897, in una famiglia numerosa, a Crocetta di Badia Polesine, provincia di Rovigo. La catastrofica piena del Po, che nel piovosissimo autunno del 1951 sommerse il Polesine, lo sospinse in provincia di Varese. Il sior Vittorio diventò così sciur, da bovaro si trasformò in contadino e giardiniere. Non si mosse più. Mise solide radici a Fagnano Olona, vi morì il 26 gennaio 1999, due mesi prima di compiere 102 anni.

Caporale Vittorio Brognara, Brigata Acqui, diciassettesimo reggimento, terza compagnia. Quaranta mesi di guerra, tutti sulle pietraie del Carso. Nonno Vittorio ricordava, nella casa di Fagnano, circondato come un patriarca da figli, nipoti, pronipoti. La voce iniziava a incrinarsi e le prime lacrime scorrevano sul volto liscio, cotto dal sole. "Quello che ho vissuto non lo auguro a nessuno. Quando dovevamo andare all’assalto ci facevano delle iniezioni di sangue di bue. E poi ci toccava di andare a raccogliere i cadaveri distrutti dalle esplosioni. Sempre mi, sempre io dovevo farlo, quello è morto, quello è ferito. Ero sempre sporco di sangue, mamma santa. Raccoglievamo i pezzi e li mettevamo nei sacchi".

Primi giorni di novembre 1918, lungo la quarantina di chilometri da Ala a Trento. "È venuto l’attendente del capitano, il capitano Polidori, un calabrese. Ce l’ho sempre in mente, era duro, una cosa spropositata. “Vittorio, guarda che il capitano ti ha destinato ad andare di pattuglia”. Ancora di pattuglia, ciò, sempre a me capitava. Una volta ero di pattuglia sul Carso, la gamba destra è finita in una crepa e si è rotta, ciò. “Prendi la strada per Trento”. C’era solo quella. Sono partito con due soldati volontari. Faceva freddo. Non potevamo neanche fumare. Se si vedeva una luce attaccavamo a sparare. Abbiamo camminato. I fucili davanti e noi dietro".

Mentre avanza nell’alba gelida Vittorio sa di andare incontro a un nemico ancora in armi, non a un appuntamento con la Storia. Alle sei del mattino i tre entrano a Trento. La città è ancora tenuta dai soldati dell’imperatore, che però non si mostrano per nulla bellicosi. Al contrario, hanno un’aria dimessa e un’attitudine amichevole. "Vedevamo i fucili abbandonati in strada. C’erano dei soldati austriaci che si stavano mettendo in borghese. Ci vedevano e ci dicevano: “Bono italiano”. Siamo arrivati in piazza. Non c’era nessuno. È saltato fuori un vecchiotto. “Alora, taliani, come andemia?” . “Siamo qui di pattuglia”, ho risposto. Il vecchio ci ha dato un po’ di minestra. Avevamo la nostra scorta di pane, così l’abbiamo messa nella gavetta.

“Mangiate tranquilli. Sapevamo che arrivavate”. Non si vedeva anima viva. La gente era dietro le imposte e ci spiava. Alla fine sono usciti tutti. “Volete qualcosa? L’andiamo a prendere”. Abbiamo girato per delle ore di qua e di là. Alle undici sono arrivati gli altri". Era fatta: il caporale Vittorio Brognara aveva “preso” Trento.