La realtà in bianco e nero: l’Italia di Mauro Galligani

Al Maga di Gallarate una selezione di scatti del grande fotografo

Il funerale  di Luigi Calabresi. Nell’immagine la vedova Gemma Capra

Il funerale di Luigi Calabresi. Nell’immagine la vedova Gemma Capra

Gallarate (Varese), 4 aprile 2017 - Una tragedia italiana, giovedì 6 maggio 1976: il terremoto più violento che abbia colpito l’Europa nei tempi moderni squassa il Friuli. Terrore e rovine in due scatti: a dieci ore dalla scossa, prima il giovane Enrico D’Orlando, poi la sorellina Raffaella, appena quattro anni, vengono estratti vivi dalle macerie di Buia. Una festa cittadina, se non “la festa” per antonomasia di una città: 16 agosto 2001, a Siena i contradaioli accolgono da trionfatore il sorprendente Zodiac, il cavallo che ha vinto il Palio dell’Assunta. Uno scatto a tutto colore: per il Drago una serata, una settimana, un mese d’esultanza; per le altre sedici contrade, lacrime e delusione.

Mauro Galligani, classe 1940, peraltro anche lui senese, è uno dei maghi italiani della fotografia. Nome storico dell’agenzia Contrasto, ha documentato il divenire del mondo negli ultimi decenni. Del mondo e dell’Italia. Come racconta la seducente mostra che sino all’11 giugno gli dedica il Maga, il Museo di Gallarate sopravvissuto al suo incendio. Oltre sessanta immagini, l’esposizione curata da Claudio Argentiero, organizzata in occasione del sesto Festival Fotografico Europeo in collaborazione con Afi, l’Archivio Fotografico Italiano: una galleria di episodi, di fatti, di volti, immagini tratte dai reportage di Galligani realizzati principalmente per “Il Giorno”, a partire dal 1964, e per “Epoca”, fra il 1975 e il 1997. “Una mostra non sterminata, ma costruita con attenzione, allestita per attirare soprattutto i giovani, o i giovanissimi – spiega Galligani -. Perfetta per gli studenti: una fotografia può, anzi, dovrebbe stimolare la curiosità di chi si trova a osservarla, spingerlo a chiedersi chi vi appare, dove, quando, che fa o che gli accade. Una curiosità che poi è la “mission” di un museo”.

Curiosi, per esempio, gli scatti realizzati nella galleria degli Uffizi di lunedì, giorno di chiusura: lavori in corso. Ma anche un teatrale Federico Fellini, uno scontro fra poliziotti e studenti nella Milano sessantottina, una parata di panni stesi a Napoli. O un Berlusconi a Mosca nel 1994. In un corridoio del Cremlino. Occhi negli occhi con Veronica Lario. Una foto che richiederebbe un lungo commento… Scriveva di Galligani nel 1986 Giampaolo Pansa, in “Cronaca di un fotografo”riferendosi al Galligani del “Giorno”: “Già allora Mauro era, in embrione, ciò che è diventato oggi: un grandissimo fotoreporter, mai “usa e getta”, un professionista non aggressivo. Intendo: Galligani ama l’umanità che ritrae, non gioca con la violenza della vita. È la sua qualità più profonda, più radicata dentro la sua sostanza di essere umano”. Certo non ama i ceceni. Ancora nel 2011 ci diceva: “Sono un assoluto tifoso dei russi. I ceceni delle montagne? Banditi da sempre. A far da kamikaze mandano le donne…”. I ceceni che nel 1997 lo avevano rapito.