Caso Uva, la sorella rinviata a giudizio per diffamazione: "Mise alla gogna poliziotto"

Lucia Uva aveva condiviso su Facebook l'immagine di uno dei poliziotti coimputati (assolto in Cassazione), esponendolo, secondo la procura, a offese e minacce di morte

Lucia Uva

Lucia Uva

Varese, 20 agosto 2019 - È arrivato un nuovo rinvio a giudizio per diffamazione per Lucia Uva, la sorella di Giuseppe, l'operaio di Varese morto il 15 giugno del 2008 dopo una notte passata in caserma. A portarla alla sbarra è stato Luigi Empirio, il poliziotto di Brindisi offeso e minacciato di morte sui social network, dopo la "vendetta" della sorella del 43enne. Lucia Uva, infatti, aveva postato sul proprio profilo Facebook una foto del poliziotto a petto nudo in palestra.

"LA GOGNA" SUI SOCIAL - Secondo il procuratore di Varese, l'agente, assolto in Cassazione insieme agli altri sette imputati tra poliziotti e carabinieri, venne "messo alla gogna" (lo scrive nel decreto di citazione a giudizio). La sorella dell'operaio di Varese, quindi, siederà di nuovo davanti a un giudice per l'udienza del prossimo 4 maggio 2020 insieme ad altri 18 imputati per accuse che vanno dalla diffamazione alle minacce. 

LA CONDIVISIONE DELLA FOTO - Insieme all'immagine postata dell'agente a torso nudo, Lucia Uva scrisse: "Questo si chiama Luigi Empiorio, era il poliziotto che la notte del 14 giugno 2008 era presente nella caserma quando hanno preso Giuseppe. Ha un profilo Facebook, io che colpa ne ho se, come Ilaria Cucchi, voglio farmi del male per vedere in faccia chi ha passato gli ultimi attimi di vita di mio fratello. Questo soggetto, Giuseppe, lo conosceva molto bene...Mettetevi bene in testa che noi vittime dello Stato vogliamo solo la verità e non ci fermeremo fino a quando i colpevoli non verranno fuori". 

LE MOTIVAZIONI DEL PROCURATORE - "La foto e il commento pubblicato offendevano pubblicamente la reputazione della persona offesa, attribuendogli indirettamente di aver assistito agli ultimi attimi di vita del fratello dell'indagata, lasciando intendere che vi fosse un nesso di casualità fra la presenza dello stesso e la morte del fratello, a causa della quale Empirio è stato coimputato, insieme ad altri appartenenti alla polizia di Stato e all'Arma dei carabinieri, in un procedivamnto che l'ha visto assolto ", scrive nel decreto il procuratore della Repubblica, Massimo Politi. Che aggiunge: "La citata pubblicazione esponeva la persona offesa a una sorta di 'gogna mediatica', poiché dava modo a chiunque, in rete, di visualizzare l'immagine e inserire commenti a loro volta diffamatori e minacciosi". 

I COMMENTI PIÙ VIOLENTI - Tra i commenti degli imputati nel procedimenti, quelli più violenti dicevano "A questo bisogna andargli ad ammazzare il figlio", "Adesso conosciamo la tua schifosa faccia infame stai attento, sei un pericolo per te e la tua famiglia, auguri", "Appeso a testa in giù", "Il carcere per certa gente è poco, metteteli in mezzo alla popolazione che ci pensiamo noi, assassini infami".