Saronno, infermiera killer condannata a 30 anni: "Ha ucciso per odio ancestrale"

Il giudice motiva la condanna: una condotta terribile e immotivata

Laura Taroni

Laura Taroni

Busto Arsizio (Varese), 26 maggio 2018 - Laura Taroni è colpevole degli omicidi del marito Massimo Guerra e della madre Maria Rita Clerici in concorso con l’amante Leonardo Cazzaniga. Quanto alla terza accusa di omicidio, quella del suocero Luciano Guerra (condivisa anch’essa con Cazzaniga), va invece assolta con formula piena per non avere commesso il fatto. In 360 pagine il giudice del tribunale di Busto Arsizio, Sara Cipolla, motiva la condanna a 30 anni pronunciata il 23 febbraio, con il rito abbreviato, nei confronti della donna, oggi quarantunenne e madre di due figli, ex infermiera del pronto soccorso del presidio ospedaliero di Saronno, lo stesso dove Cazzaniga era aiuto primario. Severissime le parole che il giudice riserva alla condotta per l’omicidio della madre, definita «terribile», «immotivata» e originata da un «odio ancestrale» che affondava le sue radici nell’infanzia. Processo indiziario, riconosce il gup, anche perché il fatto che i due corpi siano stati cremati ha reso impossibile ogni accertamento autoptico e tossicologico. Ma il quadro accusatorio è comunque chiaro, pesante.

«È possibile - scrive il giudice - affermare che il movente della morte di Massimo Guerra sia da ricondursi al fortissimo odio che la donna provava nei confronti del coniuge. L’origine della determinazione criminale dell’imputata nei confronti del coniuge è infatti da ricercarsi nel tesissimo rapporto di coppia tra i due, sfociato, quantomeno a partire dall’estate del 2011, in un rapporto patologico caratterizzato dalla sottoposizione di Laura Taroni a pratiche sessuali estreme per volontà del coniuge». Un odio che, come svelato dalla intercettazioni, persisteva anche a notevole distanza di tempo dalla morte dell’uomo. Per fiaccare la libido del marito, la Taroni prende l’abitudine di somministrargli farmaci «senza alcuna necessità terapeutica», mescolati o tritati nel cibo. In un secondo tempo, aiutata da referti rilasciati senza accertamento medico, lo convince di essere malato di diabete mellito. Inizia il “trattamento” a base di metformina. Il marito si trascina fra stanchezza, sonnolenza, nausea. Il 3 giugno 2013 accusa l’ennesimo malore. Muore qualche ora dopo, sul divano, nella sua casa di Lomazzo. Ha 46 anni. Laura Taroni ha ammesso la «somministrazione incongrua» di farmaci al marito e l’ha spiegata. Per il gup la somministrazione è andata «oltre» e la morte di Massimo Guerra ne è stata la conseguenza.

Sulla fine di sua madre, Maria Rita Clerici, la Taroni, riconosciuta sana di mente dalla perizia psichiatrica, ha fornito più versioni fino ad accusare Cazzaniga di averla provocata con un’iniezione di fibrinolitico. Un’iniziativa che l’infermiera, presente, ha accettato passivamente. La sentenza dimostra di non credere. Maria Rita Clerici è una donna ancora giovane (63 anni) e in buona salute. Perché, allora, poco prima del decesso, Laura Taroni racconta «ad almeno due persone che la madre stava male e che lei era molto preoccupata al punto da manifestare la sua intenzione di portarla in ospedale per una Tac»? Sempre pochi giorni prima della morte della Clerici, Cazzaniga «libero dal servizio, si recava in Ospedale ed ivi prelevava medicinali dall’armadio asserendo che erano per la mamma di Laura che, a suo dire, stava male ed aveva la polmonite». Al medico intervenuto nell’abitazione la coppia Cazzaniga-Taroni riferisce falsamente di una «storia tumorale» sfociata in «improvviso arresto». «In definitiva - annota la sentenza -, il movente che ha mosso Laura Taroni ad uccidere la madre è da rinvenirsi nell’odio che nutriva da sempre verso di lei, nonché nella decisione di eliminare l’ultimo ostacolo rimasto - dopo la morte di Massimo Guerra - alla possibilità di vivere liberamente la relazione con Cazzaniga».