
La benedizione dell’olio di Sant’Imerio (Foto NEWPRESS)
Varese, 30 gennaio 2016 - Sul Monte Bernasco, nel rione di Bosto, c’è un piccolo parco di ulivi baciato dal sole. Una rarità da queste parti, come pure la produzione d’olio, merce molto pregiata e ambita durante la festa di Sant’Imerio (dal nome della chiesetta dell’XI secolo che fa da sentinella a questa piccola oasi di meditazione e preghiera) che allieta la vita dei varesini durante la prima settimana di febbraio.
Quest’anno, poi, le cose sembrano essere andate alla grande: 1.200 chili di olive raccolte e oltre 400 bottiglie di oro verde pronte alla vendita. "Siamo molto soddisfatti - spiega Enrico Marocchi, presidente dell’associazione Olivicoltori olio di Lago di S. Imerio - anche perché, a differenza dell’anno scorso, non siamo stati flagellati dalla mosca dell’ulivo. Curiamo tutto nei minimi dettagli, sin dalla raccolta delle olive, e siamo in grado di offrire un prodotto di ottima qualità".
Fino a qualche decennio fa a Varese gli ulivi erano un privilegio da ammirare a piccole dosi e in forma “selvatica”. Nel 1999 il parroco don Pietro Giola decise di piantarne uno proprio di fronte alla chiesa di Sant’Imerio per scongiurare il dramma della guerra in Kosovo. Di lì a poco l’albero fiorì, e fu in quel momento che si decise di chiedere al Comune un appezzamento di terra per farne crescere altri. Nel 2011 fu così inaugurato il parco degli ulivi, con tanto di produzione d’olio propria e certificata, anche se questa era iniziata ufficiosamente già nel 2005. "In dieci anni abbiamo raccolto 80 mila euro dalla vendita del nostro olio – ricorda Marocchi - e ne siamo fieri anche perché il ricavato va in beneficenza. Pensi, siamo anche riusciti a donare 80 reti ai pescatori indiani colpiti dallo tsunami nel 2004".
Gli alberi oggi sono 128. I primi 90 furono donati dall’azienda florovivaistica Nicora, poi il parco è cresciuto fino a diventare un piccolo mare argentato che si specchia sul lago. E oggi l’olio è una mercanzia preziosa e riconosciuta a livello locale e nazionale. Anche troppo. Si narra infatti che non pochi varesini erano convinti di alcune sue presunte proprietà taumaturgiche, tanto da utilizzarlo per curare ferite e certi tipi di malattie: "Quando, nel 2005, don Pietro benedì le prime bottiglie, fu avvicinato da alcune persone che sostenevano di averlo usato come unguento per curare delle piccole voglie sul corpo - ricorda Marocchi - e la moglie di un medico ci raccontò anche che grazie all’olio di Sant’Imerio era riuscita a far cessare un dolore che la perseguitava. Pensi un po’...", esclama ridendo.