Varese, la lotta contro l’epatite C: storia di un sopravvissuto

Dal pericolo di morte alla possibilità di vedere crescere una nuova vita. Matteo, curato con i nuovi farmaci

L'ospedale di Varese

L'ospedale di Varese

Varese, 13 febbraio 2019 -  Dal pericolo di morte alla possibilità di vedere crescere una nuova vita. È questa la storia di Matteo, un anziano affetto dal virus dell’epatite C, che gli ha provocato un tumore epatico primitivo. La sua esistenza sembrava irrimediabilmente segnata, fino a quando non ha incontrato il professor Paolo Grossi, oggi direttore del reparto Malattie infettive e tropicali dell’ospedale di Circolo a Varese, all’epoca in servizio al San Matteo di Pavia. Matteo è un suo paziente e l’ha seguito a Varese.

Nel 2006, il trapianto del fegato. L’operazione andò bene ma il virus tornò ad aggredire. «Sette anni dopo l’intervento - ricorda Matteo - La situazione degenerò: il fegato era di nuovo compromesso». Matteo stava male e la situazione peggiorò. I medici non gli lasciarono speranze: «Mi dissero che il trapianto mi aveva donato 7 anni di vita e che dovevo essere contento per aver avuto questa possibilità. Io però non volevo arrendermi senza provare almeno a combattere. Così tornai a Varese, dal professor Grossi. Non riuscivo più nemmeno a camminare, tanto ero gonfio di liquidi. Lui mi mi ascoltò, condivise il mio spirito, anzi mi incoraggiò a provare».

Era il 2013 e lo specialista propose al malato di tentare una via tutta da esplorare: proprio in quei mesi si stavano studiando farmaci per curare l’epatite C. Le premesse erano buone, ma la sperimentazione non era ancora conclusa e gli esiti tutt’altro che sicuri. Il professor Grossi avviò l’iter burocratico previsto per ottenere l’autorizzazione a somministrare le nuove molecole. Non fu semplice, ma alla fine il Comitato etico aziendale diede il suo avallo e, nel giro di un paio di mesi, Matteo poté iniziare la sua terapia. Bastarono poche settimane e il virus dell’epatite venne sconfitto. E a regredire fu anche la cirrosi.

«Ero conisderato un malato terminale - dice oggi Matteo - ma la nuova cura e la cocciutaggine del professor Grossi, che combatté con me questa battaglia, mi hanno riportato alla vita». E Matteo questa nuova vita non ha intenzione di sprecarla: poco tempo dopo la sua guarigione, infatti, è diventato nonno e ora si dedica con entusiasmo a questa nuova sfida che la vita, quasi a sorpresa, gli ha riservato. Matteo è stato il primo paziente a Varese e tra i primi in Italia ad essere curato con i nuovi farmaci antiepatite C: dall’autunno del 2014, infatti, quella che era una cura sperimentale è stata ufficialmente riconosciuta ed è entrata in commercio. «Gli effetti sono eccezionali - spiega il professor Grossi - La percentuale di guarigione si attesta al 96%, e stiamo parlando di una malattia per la quale fino a pochi anni fa la cura disponibile era scarsamente efficace e gravata da numerosi e pesanti effetti indesiderati». Dalla fine del 2014 ad oggi sono oltre 500 i pazienti che hanno ricevuto questi farmaci all’ospedale di Varese.