Ucciso nel casolare, fermato l’amico: "Abbiamo litigato, ho perso la testa"

Busto Arsizio, l’incontro per progettare un colpo è finito nel sangue

Rilievi dei carabinieri della scientifica (Archivio)

Rilievi dei carabinieri della scientifica (Archivio)

Busto Arsizio (Varese), 13 aprile 2017 - Erano pronti per un nuovo furto o una rapina, oppure stavano per spartire il bottino di un colpo già messo in atto, quando qualcosa è andato storto e hanno litigato. Così una discussione tra malviventi di piccolo calibro è finita nel sangue. Dopo avergli dato la caccia per tutta Italia i carabinieri di Novara hanno fermato in Toscana l’assassino di Matteo Mendola, il 30enne di Busto Arsizio trovato cadavere una settimana fa in un casolare abbandonato nel Novarese. L’uomo, Antonio Lembo, 29 anni, ha confessato nel corso dell’interrogatorio davanti al pm: «Sono stato io, ho perso la testa».

Sul movente però Lembo, residente a Busto come la vittima, è stato vago, ammettendo di aver iniziato a discutere animatamente con Mendola prima di mettere a segno un colpo in un’abitazione della zona. I due, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, erano topi d’appartamento, come confermato anche dall’abbigliamento indossato dalla vittima: tuta scura, guanti neri e ricetrasmittente. Tornando alla notte dell’omicidio, la dinamica è stata chiarita nel dettaglio dai carabinieri di Novara che, da quando il cadavere di Mendola è stato trovato in un’area boschiva, per un’intera settimana hanno lavorato per risalire all’identità del killer. Prelevato il “collega” da casa, entrambi hanno lasciato i cellulari sul comodino, Lembo ha guidato la sua Jeep Grand Cherokee fino alle campagne del Novarese, dove i due si sono fermati in quella che era presumibilmente la base logistica da cui organizzare i colpi. Ma qualcosa è andato storto. Nel passato di Lembo ci sono precedenti per droga e forse l’uso di sostanze stupefacenti potrebbe averlo indotto a reagire con ferocia, anche se non vi sarebbero al momento evidenze in tal senso.

Fatto sta che ha estratto una pistola, ha sparato due colpi all’amico - uno a un braccio e l’altro all’addome - per poi finirlo colpendolo per dieci volte alla testa con il calcio della pistola. Abbandonato il cadavere Lembo, secondo la ricostruzione dei militari, si è sbarazzato della pistola gettandola in un canale, ha buttato i suoi vestiti nel Ticino, ed è fuggito. Quando ormai i carabinieri erano già sulle sue tracce, anche grazie ad alcune testimonianze, si è spostato in Toscana, dove i militari novaresi lo hanno raggiunto. Fermato con l’accusa di omicidio, l’uomo una volta in carcere a Novara, durante l’interrogatorio, ha confessato. Sul luogo del delitto, inoltre, i carabinieri del Ris di Parma hanno rilevato diverse tracce del suo passaggio.