Bodio, la palafitta svela i segreti dei suoi abitanti di 3.500 anni fa

Il sito è entrato a far parte del patrimonio mondiale Unesco

Una delle sfide riguarda la difficoltà di rendere visibile i resti sommersi della palafitta

Una delle sfide riguarda la difficoltà di rendere visibile i resti sommersi della palafitta

Bodio Lomnago, 11 novembre 2018 - Bodio custode del regno perduto dell’età del Bronzo. Ieri mattina, dopo anni di ricerche e di studi, il sindaco e l’amministrazione comunale di Bodio Lomnago hanno infatti presentato la conclusione dei lavori sulla palafitta di Bodio Centrale. Le ricerche, iniziate dalla Soprintendenza Archeologica di Milano già dal 2006, con i primi sorprendenti risultati, furono sviluppate in un ampio progetto nel 2010, grazie al bando regionale per la promozione di interventi di valorizzazione del patrimonio archeologico lombardo, cui aveva aderito Regione Lombardia, stanziando un importante finanziamento per complessivi 78.120 euro, pari al 75% dell’importo complessivo.

Il sito è entrato a far parte del patrimonio mondiale Unesco nel corso della trentacinquesima sessione del Comitato del patrimonio, tenutasi a Parigi il 29 giugno 2011. Il progetto – presentato ieri in Comune a Bodio dal sindaco Eleonora Paolelli e alla presenza dell’assessore alla cultura di Regione Lombardia Stefano Bruno Galli – consiste proprio nella ricerca effettuata dalla Soprintendenza e culminata in un libro, un dvd, un documentario Rai e una sistemazione del sito che ha percorso tutte le tappe di valorizzazione: oggi l’area si presenta con una perimetrazione fatta di boe che indicano ai visitatori l’estensione non di una delle tante palafitte, ma “della” palafitta per eccellenza, quella di “Bodio Centrale”, scoperta nel corso dell’Ottocento e poi studiata in epoca recente. Si tratta di una grande palafitta, dove trovava posto un edificio importante, forse il più importante in quel villaggio di pescatori, ma anche di cacciatori – sono state trovate punte in selce – che scelsero l’artificio di costruzioni palificate e sopraelevate per difendersi dalle intemperie e dagli animali.

Dai reperti ossei rinvenuti nell’area palafitticola, inoltre, è stato possibile ricostruire l’ambiente faunistico, con la presenza di caprini, ovini e bovini da allevamento e di cervi cacciati nei dintorni. Da alcuni piccoli frammenti di concotto, nonostante siano stati erosi dall’acqua, è stata rinvenuta la pula di alcuni cereali, che rimandano alle coltivazioni del tempo. «Un sistema – ha ricordato l’assessore Galli, professore di storia delle dottrine politiche alla Statale di Milano – condiviso con altri luoghi abitati lungo la catena alpina fra Italia, Svizzera, Francia, Germania, Austria e Slovenia, dove sono stati trovati oltre mille villaggi palafitticoli, di cui 111 quelli selezionati per far parte del sito seriale transnazionale “Siti palafitticoli preistorici dell’arco Alpino” dell’Unesco».

E ieri è stata lanciata l’idea di realizzare una passerella sull’acqua, ancorata al fondo, che possa consentire al pubblico di avvicinarsi a questo incredibile mondo sommerso. Per ora si tratta solo di una proposta ma “mai dire mai”.