Stupro sul treno a Venegono Inferiore: assolti i due imputati

Per i giudici di primo grado i ragazzi, che hanno trascorso più di un anno in carcere, "non hanno commesso il fatto”. Le violenze, a questo punto, sono ancora senza colpevole

Migration

Sono stati assolti dal Tribunale di Varese Anthony Gregory Fusi Mantegazza e Hamza Elayar, due giovani arrestati con l'accusa di aver violentato e aggredito, la sera del 3 dicembre 2021, su un treno della linea Milano-Varese e in stazione a Venegono Inferiore, due ragazze di 22 anni mentre stavano ritornando a casa dal capoluogo lombardo. A riferirlo è la difesa al termine del processo.

Per i giudici i due non avrebbero commesso il fatto: questa la motivazione dell’assoluzione al termine del processo di primo grado. Il pm Lorenzo dalla Palma aveva chiesto di condannare entrambi, a 8 anni Fusi Mantegazza (22enne) e a 9 anni e 2 mesi Elayar, di 27 anni. La difesa, invece, aveva chiesto l’assoluzione. Decisiva potrebbe essere stata la testimonianza di un giovane marocchino che fu identificato la sera degli arresti: il ragazzo ha detto, davanti ai giudici, di non riconoscere nessuno dei due imputati nella figura con il colbacco ripresa dalle telecamere, individuata come uno dei violentatori.

C’è poi il dettaglio che una delle vittime (agli imputati erano contestate due violenze), sempre in sede di processo, non ha riconosciuto nessuno dei due imputati – ora assolti in primo grado dopo un anno e tre mesi di carcerazione preventiva – come i suoi aggressori. Gli arresti – e i fatti – risalgono al dicembre del 2021: l’allarme scattò alla stazione di Venegono Inferiore, dove una delle vittime fu soccorsa dal capotreno. I giovani oggi assolti vennero presi a 48 ore dalla denuncia dell’accaduto.

Le parole degli avvocati

“Finalmente ci hanno dato ragione –  ha affermato l'avvocato Mauro Straini che insieme ai colleghi Eugenio Losco e Monica Andretti difende Fusi Mantegazza – È stata riconosciuta l'innocenza del nostro assistito, il quale non era su quel treno, come risulta da prove oggettive”. Il legale ha ricordato, per esempio, che “non appartiene” al 22enne, il Dna individuato sul cappello sequestrato e ritenuto appartenere a uno dei due stupratori in base ai filmati delle telecamere di sorveglianza.

I tre legali, inoltre, avevano svolto indagini difensive per dimostrare, dall'analisi della "cronologia degli spostamenti dell'account Google registrato” sul telefono del loro assistito, che il giovane al momento delle violenze era in un locale pubblico di Tradate.