Salita dopo salita. Zurloni non è ancora sazio e mette Parigi nel mirino: "Ora voglio l’oro ai Giochi»

L’atleta di Cassano d’Adda è primatista italiano nella specialità speed. Arriva alle Olimpiadi da campione del mondo e vuole godersi il momento. "Punto sempre a migliorare me stesso e a trarre insegnamento per il futuro".

Zurloni non è ancora sazio e mette Parigi nel mirino: "Ora voglio l’oro ai Giochi"

Zurloni non è ancora sazio e mette Parigi nel mirino: "Ora voglio l’oro ai Giochi"

Matteo Zurloni va veloce, arrampicandosi salita dopo salita. Il lombardo, nato a Segrate nel 2002, cerca di limare tutte le imperfezioni. L’agente delle Fiamme Oro mira sì alle medaglie, con un titolo mondiale conquistato a Berna nel 2023, ma soprattutto al miglioramento perenne. La passione dell’arrampicata nasce dal nonno… "Faceva parte del CAI di Cassano d’Adda, paese in cui abito. Tra le sue passioni c’era l’arrampicata: ha scalato molte montagne, tra cui alcuni 7000 ed è andato nelle Ande. Ha trasmesso la passione a mio padre e lui ha fatto lo stesso prima con mia mamma e poi con noi (ha due sorelle e un fratello, ndr). Ho fatto la prima arrampicata a 5 anni e ho iniziato seriamente verso i 6-7".

Cosa l’ha conquistata?

"All’inizio la curiosità, mi ha convinto il fatto che ci siano continui stimoli, i percorsi cambiavano e l’ambiente era bello. È un contesto in cui ci si accresce a vicenda, si fa un percorso con un amico e spesso si valutano più modi per percorrerlo".

Prima faceva boulder e lead, poi speed come mai?

"Penso che potessi specializzarmi in tutte e tre, ma non so a che livello sarei potuto arrivare. Sono passato allo speed più per circostanze. C’erano 8 posti per le convocazioni in lead ed erano finiti, andavo già benino in speed, senza allenarlo. Mi hanno chiamato in speed alla prima gara e successivamente in lead nelle altre Coppe d’Europa. È successo quando sono entrato in squadra nazionale, a 16 anni. Ho iniziato con la velocità per orgoglio: mi convocavano, non volevo far male ma non c’era ambizione di vittoria. All’ultimo anno di giovanile è scattato qualcosa: c’erano i Mondiali che valevano come pass olimpico, ho visto vincere Ludovico Fossali e ho desiderato provarci".

L’unica differenza è il tempo tra le specialità?

"Sì. È un adattamento, anche se nello speed i movimenti cambiano, si cerca sempre un perfezionamento. Il percorso è lo stesso, ma c’è una evoluzione che è quello che mi fa andare avanti. Spesso mi chiedono se non mi annoi a fare sempre la stessa cosa: se hai un obiettivo e vuoi superare il tuo limite non accade. Viene sviluppato meno il problem solving, perché il percorso non muta".

La sfida più grande è con il crono o con se stesso?

"Con me, finchè non so che ho fatto una salita in un determinato modo, senza sbavature, non mi fermo e non mi fermerò mai. Vincere il Mondiale ha accresciuto la mia autostima. Sono conscio che gli altri sono forti, ma voglio mettermi alla prova". Arriva a Parigi da campione del Mondo…

"Vivo questi mesi come ho sempre fatto, sto cercando ogni giorno di essere migliore rispetto al giorno prima. Sono sicuro che sono più forte di un mese fa. Il mio obiettivo è far vedere il potenziale dello speed. Voglio essere al massimo. Sono in gioco: punterò all’oro e in ogni caso voglio godermi tutto".

Come vive la sconfitta?

"Se uscissi sconfitto ci sarà del rammarico, ma sono sempre stato bravo a trarne insegnamento. L’Olimpiade è un punto a cui non tutti arrivano, ma non è quello finale. Andrò sempre avanti per crescere, Parigi sarà un’esperienza".

Come la immagina? Vuole incontrare qualche atleta?

"Non so come immaginarlo, ho vissuto in piccolo i Giochi Europei, però lì è tutto amplificato. Vorrei vedere le gare di atletica e gli azzurri come Jacobs, che vorrei conoscere e Tamberi che invece ho avuto il piacere di incontrare. Oppure il basket: trovo una sorta di associazione tra il tiro a canestro, con la fiducia che la palla entri e noi, quando siamo in partenza e non dobbiamo avere dubbi".