Pietro Mennea, la leggenda: settant'anni fa nasceva la "Freccia del Sud"

Oggi sarebbe stato il compleanno del campione di Barletta: il ritratto del più grande corridore italiano

Pietro Mennea

Pietro Mennea

"Sono un uomo che non si sente mai arrivato, sono sempre pronto a ripartire dai blocchi". Tanti auguri Pietro. Esattamente settant'anni fa, nasceva a Barletta Pietro Mennea: il grande campione del sud, amato da tutta la penisola. 

Padre sarto e mamma casalinga, Pietro cresce in una modesta famiglia di stampo cattolico insieme a tre fratelli e una sorella. Nella campagna pugliese, Mennea si avvicina alla corsa a 16 anni, venendo tesserato dall'Avis Barletta. La società si era interessata al ragazzo anche sulla base delle voci che circolavano intorno a lui: si racconta che un giorno, appena quindicenne, sfidò in velocità una Porsche ed un'Alfa Romeo sui 50 metri. Alla fine della corsa, Pietro si ritrovò in tasca 500 lire, una boccata d'ossigeno per togliersi "sfizi" che difficilmente avrebbe potuto permettersi come un ingresso al cinema o un panino con gli amici. 

Ma la carriera della "Freccia del Sud", il soprannome guadagnato nel corso degli anni, prese il volo nel 1971, quando il suo mentore, Carlo Vittori, lo fece debuttare in un galà internazionale: i campionati europei. Pietro non raccoglie grandi risultati (sesto nella sua specialità, i 200 metri) ma si rende conto di poter gareggiare con i migliori. Ed è per questa ragione che l'anno successivo si presenta alle Olimpiadi di Monaco di Baviera, ottenendo un buon terzo posto. La vera svolta però arriva agli europei di Roma '74 con il primo oro, il primo di una lunghissima serie. Da quel momento infatti, Pietro sembra semplicemente imbattibile. Il punto più alto della carriera Mennea lo tocca alle Universiadi di Messico 1979, quando, sui 200 metri, fermò il cronometro sul 19.96, stabilendo un record del mondo destinato a durare per 17 anni. Non sazio, Mennea vinse anche la gara sui 100 metri in 10 secondi e un decimo, registrando il primato italiano (battuto solo da Filippo Tortu nel 2018).  Nel 1980 invece arriva la consacrazione alle Olimpiadi di Mosca: l'oro nei 200 metri, contro avversari che solo il giorno prima l'avevano quasi umiliato nei 100 metri, con una clamorosa rimonta nei 50 metri finali,  è lo specchio della determinazione e della velocità di Mennea. 

La Freccia del Sud per il Paese è stato molto di più di un semplice velocista. Mennea è stato un simbolo, un modello di riferimento per diverse generazione. Pietro, oltre a tutti i successi in pista, conseguì quattro lauree, che lo portarono ad essere anche avvocato e commercialista. "Mi hanno spesso dipinto come presuntuoso, arrogante, antipatico - racconta Mennea - Quando rifiutavo un invito alla Domenica Sportiva perché la mattina dopo dovevo studiare, oppure rifiutavo di raccontare per la millesima volta il record del mondo o la vittoria alle Olimpiadi di Mosca. Mennea ha sempre corso per dimostrare che valeva qualcosa, non per raccontarlo in giro".

Il 21 marzo 2013, la corsa di Mennea si è fermata in una clinica di Roma, dopo una lunga lotta contro un tumore al pancreas. Oggi, ogni volta che un atleta festeggia puntando il dito al cielo, viene naturale ripensare all'esultanza distintiva del ragazzo di Barletta, o più semplicemente l'uomo più veloce al mondo tra gli anni '70 e '80.