
Il Milan club "La stella"
Saronno (Varese), 6 febbraio 2020 - Milanista, e che milanista nonna Tina. Milanisti i figli, Alberta e Giovanni, e i tre nipoti. Stessa fede, come una sorta di vincolo coniugale supplementare, per il marito di Alberta (conosciuto in una trasferta contro il Torino) e per quello della figlia Miriam (a Cesena, Ibrahimovic fallisce un rigore, ma Cupido sa dove indirizzare la freccia). Milanista Atene, di professione cane labrador, in ricordo della serata della vittoriosa finale di Champions League, Milan-Liverpool 2 a 1, 23 maggio 2007. Ogni volta che la squadra segna chiede e ottiene un biscotto, per questo negli ultimi tempi è un po’ dimagrito. Convive in armonia con Mathieu, il gatto nero che deve il nome a Flamini, autore del gol del 2011 contro il Bologna, che porta la squadra a un solo punto dallo scudetto.
Lungo preambolo per introdurre il Milan Club Femminile “Stella” Saronno, il primo in rigorosamente riservato alla donne, il primo con il Diavolo in rosa. Ernesta Pagani sposata Prandina, semplificando Tina Prandina, lo fonda a Saronno il 5 febbraio del 1971, in quello che al tempo era considerato il giorno della festa delle donne. Il nome scelto, per lunghi anni amari, non si rivela precursore. La stella del decimo scudetto pare destinata a non arrivare mai, magica, sfuggente, stregata, sfiorata e perduta a Verona, quel 20 maggio 1973. Novella Penelope, la sciura Tina ricama sul bandierone due strisce per una vittoria, una per il pareggio, lascia il vuoto se la squadra le ha prese.
Il cuore tutto rossonero di Tina Prandina smette di battere una mattina di maggio del 2011. Ha compiuto novant’anni e visto lo scudetto numero 18. È ricoverata in ospedale per una embolia. I medici scuotono la testa, non ci sono più speranze. Invece nonna-gol si è risvegliata e tiene duro. "Per la la festa di questa sera è tutto a posto? Allegri viene?" Tutto confermato. Tina è felice, alza il pollice verso il cielo. Se ne va alle sei mattino.
Scomparsa la fondatrice-presidente, il timone del Club, con quasi cento iscritte, è passato ad Alberta, affiancata da Miriam. Nella tavernetta di casa, trasformata in sacrario di cimeli e memorie, anche gli animali di casa respirano aria di derby. E di ricordi. Alberta parla con la sicurezza di chi potrebbe scrivere un compendio di storia milanista. "Il ‘mio’ derby, quello particolare, è un 2 a 0 per noi, ai tempi di Sacchi. Non hanno visto il pallone. Gliene abbiamo dati due, ma potevano essere venticinque. Per me quello è il derby. La prima volta che abbiamo avuto contro Ronaldo, tanta paura, e invece ne abbiamo rifilati cinque e vinto la Coppa Italia. Il 6 a 0 nel 2001. Nel 2003 li abbiamo buttati fuori in semifinale e abbiamo vinto la Champions ai rigori contro la Juve a Manchester. Un 3 a 2 quando si perdeva 0-2, rete della vittoria di Seedorf. E poi i ricordi brutti. Una doppietta di ‘Evaristo scusate se insisto’ Beccalossi. Quella volta che Mazzola segnò a pochi secondi dal fischio d’inizio. Un’altra volta una papera di Cudicini".
Pronostico per domenica? "Il derby è sempre una storia a parte. Non abbiamo più Zapata, però ci può andare bene anche un goal all’ultimo secondo. Va bene anche un’autorete. L’importante è segnare. Il Milan di oggi ha bisogno di uno che la butti dentro".