
40mila tifosi nerazzurri a Monaco per la finale di Champions League, tra cori e delusione per la sconfitta.
dall’inviato
Il dodicesimo uomo è un insieme di uomini e donne, un’onda nerazzurra che a Monaco di Baviera ha il suo avamposto più vicino al palcoscenico principale, quello della finale di Champions League. La rappresentanza in loco di milioni e milioni di tifosi sparsi per il mondo, spettatori alla tv, nelle piazze con maxischermo, nei pub. L’evento attira 40mila persone di fede nerazzurra in Baviera, persino gente che sa di non avere in tasca il biglietto per la partita. Tecnicamente, fino alle 17, non ce l’hanno nemmeno i 18mila destinatari degli ormai famosi codici utili a superare i tornelli: la Uefa li ha distribuiti via app all’ultimo momento, provando così ad aggirare il bagarinaggio. Ad accompagnare l’Inter a Monaco ci sono però molti altri tifosi. Quelli che provano in extremis a strappare tagliandi a 2mila euro, quelli che non fanno alcuna caccia e si accontentano di essere lì, fisicamente a un passo dal sogno, solo per far sentire alla squadra che ci sono, a Monaco, a mandare influssi positivi.
L’avvicinamento è lungo. Cominciato alla vigilia, nei tanti locali cittadini in cui si riversano persone a decine e centinaia, tra stinchi annaffiati di birra, cori di giubilo, senza (per fortuna) quegli scontri tanto annunciati alla vigilia, che arrivano in parte il giorno successivo. Gli ultras si presentano in città la mattina della gara, dopo le rimostranze in settimana per non aver ricevuto la quota biglietti che invece era stata loro destinata a Istanbul. Chi della Curva Nord è dentro la Munich Football Arena ci è arrivato grazie alle procedure standard: richiesta al club attraverso il sito, attesa dei codici. Alla fazione più calda del tifo si è rivolto anche Inzaghi alla vigilia, gesto che gli attuali vertici del secondo verde al Mezza hanno apprezzato, tanto da ripostare le sue dichiarazioni sui social. Sono tanti anche parenti e amici dei giocatori a Monaco. C’è Christian Dimarco, fratello di Federico e calciatore dell’Alcione, che passa in mattinata davanti all’albergo della squadra. C’è Agustina Gandolfo, moglie di capitan Lautaro Martinez. C’è la famiglia Zanchetta, il padre allenatore e il figlio centrocampista, reduci dal trionfo nella finale Scudetto Primavera. Ci sono tanti ex tripletisti (Julio Cesar, Sneijder) e molti altri che non vogliono perdersi l’evento. Djorkaeff come commentatore tv. Rummenigge, di casa a Monaco. La famiglia D’Ambrosio, con Danilo in testa.
La prima dimostrazione d’affetto alla squadra arriva al mattino. I giocatori tornano dalla rifinitura e in albergo vengono accolti da un centinaio di festanti interisti. C’è anche un piccolo gruppo di poliziotti (in tutta la città sono circa 5mila) ma viene richiamato in fretta e furia altrove e parte a sirene spiegate. In realtà la giornata sembra tranquilla, almeno finché alla stazione della metro Universitat non vengono a contatto le opposte tifoserie: calci e sputi che rendono necessario l’intervento degli agenti con tanto di lacrimogeni e qualche ferito. Per il resto le opposte fazioni hanno destinazioni predefinite. Quella del Psg è la fan zone di Koenigsplatz, quella nerazzurra è a Odeonsplatz, dove si trovano vecchie glorie (Cordoba, Guarin), tifosi vip (Matilde Gioli, Ligabue) e un gruppo di sciarpe nerazzurre che cresce col passare delle ore, come avviene anche a San Siro per i 51mila che hanno scelto il maxischermo e lo stadio solitamente di casa. Fino a quando alle 17 non si aprono i cancelli dello stadio. Ci vogliono ancora quattro ore prima del fischio d’inizio, ma attorno alle 19.30 l’impianto è già quasi pieno nelle due curve, dalle quali partono cori o improperi a seconda di chi comincia a testare il terreno di gioco. Luis Enrique è tra i primi, poi arriva Dimarco. I maxischermi dello stadio mandano le immagini dei pullman che trasportano le squadre. Altre “schermaglie“. Prima della cerimonia d’apertura coi Linkin Park, della coreografia (solo nella curva del PSG). E di fare sul serio.
La serata si trasforma poi in una tremenda delusione. A cantare è solo il lato dello stadio in cui siedono quelli del Paris. Di fronte, ammutolita, c’è una falange immobile che assiste alla disfatta degli uomini di Inzaghi. Qualcuno si arrende all’evidenza e lascia vuoti i seggiolini anzitempo sull’epilogo. Molto prima del termine iniziano gli olé di chi sa che vedrà i propri beniamini alzare al cielo il trofeo.
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