"Le mie 350 bici in cerca di un museo"

Dalla Michaux del 1860 al sogno del medico Stefano Cremonesi: condividere la passione per il mondo dei velocipedi con tutti

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di Roberto Canali

Charles Schulz, l’inventore dei Peanuts, amava dire che "la vita è come una bicicletta con dieci rapporti, tutti noi abbiamo rotelline che non usiamo mai". Non è solo un mezzo di trasporto la bicicletta, per molti è una filosofia di vita e può diventare anche una passione come quella del dottor Stefano Cremonesi che quando non cura i suoi pazienti corre, letteralmente, nel suo magazzino di Pescate dove di biciclette ne ha collezionate addirittura 350.

"Ho praticato per anni il ciclismo come sport – racconta –, ma la passione per le biciclette è nata ancora prima quando ho scoperto che nonno Attilio fabbricava biciclette, la Cicli Cremonesi. È cercando di ricostruire la produzione del nonno che mi sono appassionato di questo meraviglioso strumento e sono diventato un collezionista". All’interno del magazzino di Pescate, che il dottor Cremonesi vorrebbe trasformare in un museo, "sempre se il Comune è interessato perché per ora non mi hanno fatto sapere nulla", c’è letteralmente la storia della bicicletta dalla metà dell’800 ai giorni nostri.

"La più antica è una Michaux, un biciclo a pedali che risale al 1860 e ho acquistato a Parigi. È considerata la prima bicicletta, anche se non aveva ancora la catena, perché i suoi inventori ebbero l’intuizione di applicare i pedali al primo velocipede che era apparso nel 1816 in Germania, la Draisina che prendeva il nome dal suo inventore, il barone tedesco Von Drais. Solo che la Draisina era completamente di legno e su di essa si stava a cavalcioni avanzando a forza di pedate sul terreno. Il Michaux ha un corpo di ferro e le ruote di legno, ma grazie ai pedali sulla ruota anteriore era in grado di spostarsi molto più velocemente. La sella era fissata su una balestra e di fronte era montata una lanterna, alimentata da una candela per illuminare la strada". Un riccio metallico forgiato sulla parte anteriore del biciclo, che pesa una quarantina di chili, permetteva di legarla a una carrozza e farsi trasportare quando si era troppo stanchi per pedalare.

Non manca nulla nella collezione del dottor Cremonesi che sembra “L’origine della specie” di Darwin applicato alla bicicletta. Dai bicicli alle prime biciclette a tutti gli effetti che avevano i telai a croce, fino a quelle attuali con i telai a diamante.

Ogni particolare dal manubrio al cambio o la catena non è stato ottenuto per caso, ma è frutto di attende sperimentazioni e anche errori, ai quali i modelli successivi hanno posto rimedio. "Ci ho messo anni per mettere insieme questa collezione e mi dispiace che nessuno possa vederla – conclude Stefano Cremonesi –. Nel corso degli anni ho ricevuto molte offerte da parte di altri collezionisti e anche di musei stranieri che volevano alcune biciclette, molte della quali sono modelli unici, ma ho sempre risposto di no perché il mio sogno è quello di mettere questo patrimonio a disposizione di tutti trasformandolo in un museo".

Un sogno da condividere con un ente pubblico, o da realizzare pedalando in tandem per rimanere nel mondo delle biciclette.