Ligabue torna nel suo Forum. Orgogliosamente fuori tempo con tre chitarristi e 40 canzoni: "E San Siro è più di uno stadio"

Il cantautore prepara le due date milanesi: qui ho vissuto momenti magici (e uno brutto). Ho ancora una casa e ci vengo appena posso, con mia moglie, per vedere gli amici e i locali.

Spinelli

"Tornare al Forum è tornare dopo sei anni in un posto che conosco molto bene" assicura Ligabue, nuovamente in (alta) classifica con le canzoni di quel “Dedicato a noi” che presenta il 24 ottobre al Brixia Forum di Brescia e il 10-11 novembre, appunto, ad Assago.

Tutto con la complicità di “Capitan Fede” Poggipollini, Niccolò Bossini e Max Cottafavi alle chitarre, di Luciano Luisi alle tastiere, di Davide Pezzin al basso, di Ivano Zanotti alla batteria. "Di concerti al Forum ne ho fatti davvero tanti. Fra tutte le bellissime esperienze che ho vissuto lì dentro, c’è stata pure quella semi-tragica della sera in cui non riuscivo a cantare ma non sono voluto scendere dal palco. Il giorno dopo il foniatra mi ha detto che dovevo fermare il tour e farmi togliere un polipo dalle corde vocali. Per fortuna sei mesi dopo sono tornato sul ‘luogo del delitto’ per un altro paio di concerti molto belli. Sono molto fiducioso anche per i prossimi due".

Qual è la chiave del concerto?

"Una volta fatta la scelta così spudorata, così fuori dalla norma, così contro i tempi, di avere sul palco tre chitarristi, quattro se mi ci metto anch’io, ovvio che tutto ruoti attorno a quello. Anche se a me piace riproporre le canzoni in maniera quanto più fedele possibile, senza stravolgerle negli arrangiamenti, per incontrare i mondi che la gente s’è creata ascoltandole nei dischi".

Cambiando scaletta tutte le sere cambia un po’ pure il “mood“ dello show.

"Abbiamo messo a punto una quarantina di canzoni da giostrare sera per sera, tenendone fuori dalla lista anche alcune di grosso successo come ‘Buonanotte all’Italia’. Fosse per me i pezzi in scaletta dovrebbero essere centoventi-centotrenta, ma devo fare i conti con la band che ha bisogno dei tempi giusti per mettere in mostra la sua professionalità, così ogni sera ci limitiamo ad eseguirne una venticinquina".

Intenzioni?

"Voglio far ‘girare’ tutti i pezzi di ‘Dedicato a noi’ senza però stravolgere la scaletta più di tanto, apportando piccoli cambiamenti in modo da renderla sempre una sorpresa. Un punto fisso è quello di iniziare sempre con una canzone di ‘Dedicato a noi’, ne abbiamo individuate sette idonee al compito e ruotiamo quelle".

Momenti clou?

"Mi lascio andare ad una cosa semplice, chiamata emozione: come scrittura ‘Dedicato a noi’ è la canzone di cui sono più orgoglioso, ma l’emozione forte arriva cantando ‘La metà della mela’, dedicata a mia moglie. C’era un bel tempo in cui uno pubblicava un album e la settimana dopo già lo cantavano tutti, oggi non è più così e per questo durante lo show le canzoni nuove sono accompagnate dalla comparsa del testo sugli schermi. Scelta fatta per aiutare il pubblico".

Trent’anni dopo l’album omonimo, si sente più sopravvissuto o sopravvivente?

"Nella mia vita non ho corso così tanti rischi da sentirmi un sopravvissuto, però i tempi mi fanno sentire sopravvivente. Ci mancava solo la riesplosione del conflitto israelopalestinese… se facciamo il conto di questi tre anni terribili, c’è capitato di tutto. Vorrei spendermi di più, ma cos’altro posso fare se non cercare di dare il meglio che posso ogni volta che sono su un palco davanti ad un microfono? Penso, però, che tutti noi dovremmo fare di più; a preoccuparmi, infatti, è un’assuefazione alla cronaca che finirebbe per staccandoci sempre di più gli uni dagli altri".

Dopo trent’anni sente ancora il bisogno di sentirsi parte di un “noi”?

"Rimango quello fuoriposto, fuorimoda, fuoritempo della canzone. Credo di essere ‘tossico da palco’ anche per questa ragione. Per il bisogno di avere conferma ogni sera del ‘noi’ che riesco a provocare con le mie canzoni accompagnato dall’illusione che, almeno per quelle due ore e mezza, i valori che si portano dietro siano valori condivisi".

Lei ha pure abitato a Milano per un anno.

"All’epoca vivevo in zona San Siro in una delle palazzine abitate dai calciatori. Ho ancora un appartamento a Milano e con mia moglie ci vado quando posso, incontriamo amici, gran bella scelta di ristoranti, mi piace starci".

Un ricordo?

"Il boato per un gol dell’Inter accompagnato in coro dall’ ‘oo-oo’ di ‘Urlando contro il cielo’. Una scarica d’adrenalina, non ero allo stadio ma sembrava davvero di essere lì a fare festa tra i tifosi".

Da nerazzurro come la vede? Per Milano campionato di vertice quest’anno?

"Per me l’Inter ha una rosa eccellente, forse appena un po’ corta in attacco. Quella del Milan non la conosco così bene ma i risultati parlano a suo favore. Però la Juventus non ha le coppe e quello non è un fattore da poco visto che in termini di stanchezza e turnover, qualcosa con così tante partite la si lascia giù. Per quello che riguarda il Napoli sono giorni caldi con la questione allenatore".

Da assiduo protagonista al “Meazza”, se lo riesce ad immaginare senza Inter e Milan?

"Per le partite che ci ho visto, i concerti a cui ho assistito e quelli che ci ho fatto... San Siro per me rappresenta qualcosa di più di uno stadio. Dura immaginarlo smettere di fare quello che ha sempre fatto: ospitare emozione".