Leo Muscato non dimenticherà mai quest’anno. Il regista, al suo primo 7 dicembre, firma il nuovo allestimento de La forza del destino di Giuseppe Verdi al Teatro alla Scala. Un ritorno alla Scala con rulli di tamburo.
"Quello che sta succedendo restituisce un senso al percorso che ho fatto, al mio grande impegno nel lavoro. È l’evento teatrale più importante e visibile in Italia e non solo. Sto ricevendo messaggi da amici/colleghi tedeschi e di altri paesi; milioni di spettatori in tutto il mondo seguiranno la diretta. Ero a San Francisco a settembre per lavoro, molte persone mi hanno detto che la vedranno in differita".
Nella prosa ha sempre scelto classici, testi interessanti, alcuni anche di grande piacevolezza. Quanto le è servita questa capacità di discernere?
"Non ho lavorato con Strehler ma credo nella sua idea di teatro, di lui ho letto, studiato tutto. Il grande regista scriveva che il 50% di uno spettacolo lo fa il testo, poi vengono gli attori. Non è un caso che suoi spettacoli come l’Arlecchino vengono messi in scena oggi, quasi 80 anni dopo il loro debutto; le sue regie toccavano tutti gli spettatori e ancora emozionano. La materia da cui si parte è sempre il testo e nella Forza del destino la materia su cui scavare è tantissima".
E nell’allestimento dell’opera verdiana?
"Verdi ha capitalizzato la lirica scrivendo musica strettamente legata alla parola, il centro di ogni sua opera è l’uomo, l’umanità. È uno straordinario uomo di teatro. Nella Forza abbiamo portato il nostro pensiero per poterla raccontare al pubblico di Sant’Ambrogio, a quello della diretta televisiva, della la Prima diffusa e per gli spettatori che amano il teatro, che frequentano la Scala e verranno nelle date successive la prima. Leggo la partitura, a ogni cambiamento Verdi interviene sul testo. Nelle sue lettere non parla di musica ma di nuovi comportamenti, di riflessioni di ogni personaggio".
La scrittura scenica richiede movimenti specifici.
"Per me è fondamentale mettere in scena “quell’opera“, non un’altra cosa. Non m’interessa creare una nuova storia, seguo con attenzione la drammaturgia, rispetto la trama dell’opera. Ho cercato di tirar fuori tutto quello che la Forza del destino racchiude, questo per me è fare regia; i personaggi devono compiere quell’azione altrimenti le loro parole perderebbero senso. Quando nel primo atto Leonora canta: “Vorrei con te combattere“ ci rivela che la guerra è già in corso anche se non si vede, allora l’ho resa evidente. Fin dall’inizio si vedono soldati, la sua casa di campagna è presidiata da militari; lo stesso Marchese Calatrava porta una divisa e il figlio è vestito come un cadetto dell’esercito. Preziosilla sembra la Marianne della rivoluzione francese, esalta e recluta i giovani per difendere il paese".
Avete ambientato la storia in epoche diverse.
"L’Ottocento è stato il secolo che maggiormente ha visto i giovani in azione, gli studi sul Risorgimento testimoniano che migliaia di ragazzi si erano arruolati volontari e, come Mameli, sono morti poco più che ventenni. Questi giovani avevano una fede: la libertà e l’Unità d’Italia e Verdi era al loro fianco".