"Specializzazione sul campo contro la crisi dei medici di base"

Le ricette dell’oncologo Alesssandro Bertolini per superare la carenza di personale negli ospedali

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SONDRIO

La ricetta del dottor Alesssandro Bertolini per migliorare un aspetto importante di una sanità che, anche in provincia di Sondrio, non sta vivendo uno dei suoi momenti migliori. Per usare un eufemismo. Il primario del reparto di Oncologia all’ospedale di Sondrio, archiviata la parentesi elettorale dove è stato candidato nel terzo polo, torna a parlare di sanità e dell’ormai, purtroppo, atavico problema della mancanza di medici negli ospedali.In molti nei mesi scorsi si sono chiesti se la modulazione del numero chiuso a Medicina possa essere la soluzione alla carenza di medici. Giriamo la domanda a Bertolini.

"La mia risposta è negativa. Chi la propone non ha competenze in ambito sanitario. È solo mosso da demagogia politica. L’incremento del numero degli studenti universitari avrà effetto tra 9 anni, 6 determinati dal corso di laurea e tre dovuti alla necessaria specializzazione. La presenza di giovani medici in cerca di prima occupazione segue le regole della domanda e dell’offerta di mercato. A offerta alta di posti di lavoro, la domanda (bassa) sceglie in funzione di logiche professionali e di residenza. Nei concorsi svolti nell’hinterland di Milano gli iscritti, per un solo posto di lavoro, sono parecchi e provenienti da tutto il Paese. Nelle province periferiche non sono mai più di 5 e capita anche che poi non si presentino all’esame". Qual è quindi la sua proposta per levarci da questo momento d’impasse. "Una volta eravamo governati meglio. È necessario incrementare la domanda lavorativa con effetto immediato. Un tempo si era assunti negli ospedali dopo la laurea, il medico di famiglia era nominato dalle USSL dopo l’esame di Stato.

Per far fronte alla carenza medica, oggi, è indispensabile dare la possibilità ai neolaureati di iscriversi ai concorsi per entrambe le necessità e immetterli da subito nel mondo del lavoro. La specializzazione ospedaliera o quella di medico di famiglia la si farà sul campo. L’essere iscritto ad una specializzazione per il professionista comporterà una crescita culturale teorica da acquisire in università, ma uno sviluppo pratico delle competenze professionali negli ospedali pubblici. Gli ospedali devono tornare ad essere formativi, come lo sono stati per migliaia di professionisti in passato. Per il medico di famiglia basterebbe tornare a fare quello che molti sessantenni hanno fatto nella loro gioventù, il medico associato. È doverosa da subito una sanatoria, sia pur temporanea e della durata dei famosi nove anni che non conoscono i politici, per consentire ad una domanda elevata di coprire i vuoti d’organico". Fulvio D’Eri