
Neonato
Sondrio, 15 gennaio 2021 - Voglio partorire in casa. Questo desiderio in me profondamente radicato ben prima dell’emergenza Covid è stato accolto dai miei cari con scetticismo. Più sconfortante la reazione della maggior parte dei medici con i quali mi sono confrontata. Ben che mi andava potevo suscitare ilarità. "Sei pazza" mi ripetevano. Pazza perché volevo dare alla luce la mia creatura in un ambiente famigliare, protetto e sereno? Fermamente convinta del contrario, ho continuato per la mia strada e ho avuto ragione: è stata un’esperienza meravigliosa. La scelta migliore per me, mio figlio e mio marito; un’alternativa alla consuetudine per un numero crescente di famiglie. Lo dicono i numeri: in Lombardia nel 2019 i parti extraospedalieri sono stati 52. Al 31 ottobre del 2020 erano già 112.
Stesso trend in Valtellina: "Nel 2020 abbiamo assistito due parti in casa a Tirano, uno a Sondrio, uno a Montagna – spiegano le ostetriche di Lecco Sara Monterisi e Cristina Bonfanti – L’ultimo a dicembre a Morbegno. Ma le richieste 2020 sono state più numerose. A gennaio 2021 abbiamo iniziato con una mamma di Bormio e ricevuto tre richieste da Tirano che abbiamo dovuto rifiutare per motivi di salute delle mamme. Le valtellinesi sono molto aperte e motivate: da Lecco abbiamo risposto a questo “bisogno“ perché da anni assistiamo parti a domicilio e sappiamo quanto questa esperienza sia preziosa e speciale per le coppie e per la nuova vita".
Il percorso di nascita in casa non si improvvisa, "c’è selezione dall’inizio, e fino a un mese dopo il parto una rete di operatori offrono assistenza nel rispetto della fisiologia". Altre parole chiave, insieme a rispetto e fisiologia, sono aggiornamento, "costante nelle nostra professione", e sicurezza, garantita dalla serietà, dalla continuità dell’assistenza e "dalla fiducia che si instaura tra noi e la coppia", aggiungono.
In Valtellina "si stanno formando giovani ostetriche e prevediamo che in futuro nasceranno molti bimbi in casa. Nel frattempo continueremo volentieri a macinare chilometri", concludono. Oltre che dai freddi numeri, la felicità della scelta dell’extraospedaliero si evince da analisi concrete: il maxi studio su mamme con gravidanza a basso rischio, pubblicato nel 2020 su The Lancet, evidenzia che nel gruppo di 500mila donne che hanno scelto il parto in casa, rispetto a quelle che hanno optato per l’ospedale, si è riscontrata minore incidenza di taglio cesareo, parti operativi (ventose, forcipi), episiotomie, lacerazioni perineali profonde, infezioni puerperali.
Anche dallo studio dell’Istituto Mario Negri emerge che con il parto extraospedaliero le donne subiscono meno interventi esterni, hanno un recupero post parto migliore e un avvio dell’allattamento più felice. Quindi se il percorso è fisiologico, mamma e bambino stanno bene e l’ospedale si trova a una distanza ragionevole, partorire in casa può davvero fare la differenza. Sostenere il parto in casa non significa demonizzare l’ospedale che, in certi casi, è raccomandabile o addirittura necessario. Significa semplicemente sottolineare come non ci sia niente di più naturale e auspicabile di una nascita in ambiente famigliare (magari con luci soffuse, aromi e musica in sottofondo), consapevolezza che deve crescere, soprattutto nelle istituzioni.