Omicidio di Grosotto: ecco le motivazioni della sentenza

Secondo il giudice, il delitto di Veronica e l’aggressione al chierichetto, sarebbero due fatti scollegati. E forse Casula sarebbe approdato nella casa di Roncvale per chiedere aiuto di FRA.NE.

Processo Casula, la sentenza (National Press)

Processo Casula, la sentenza (National Press)

Sondrio, 20 aprile 2016 - Depositate le motivazioni della sentenza che hanno portato, il 28 gennaio scorso, alla condanna a 20 anni di reclusione di Emanuele Casula per l’omicidio di Veronica Balsamo e per il tentato omicidio di Gianmario Lucchini (attualmente ricoverato in uno stato semivegetativo presso la casa di riposo di Grosotto). I due fatti, secondo quanto stabilito dal giudice Fabio Giorgi, non sarebbero collegati. L’aggressione al chierichetto sarebbe infatti scaturita da altre ragioni e non per eliminare uno «scomodo testimone». 

Per l'operaio 19enne di Grosotto la condanna, complessivamente, sarebbe stata di 44 anni, poi più che dimezzata per limiti di pena e sconto di un terzo per il ricorso al rito abbreviato. Sessanta le pagine redatte e depositate in cancelleria dal giudice del tribunale di Sondrio, Fabio Giorgi, che ripercorrono in maniera precisa e meticolosa tutti i passaggi della drammatica vicenda che ha portato alla morte della 23enne di Grosotto nella notte fra il 23 e il 24 agosto 2014. 

Casula, arrestato il 2 ottobre, inizialmente aveva negato ogni addebito per poi cedere, una ventina di giorni dopo, dal carcere di Monza, confessando davanti all’allora procuratore capo Elvira Antonelli e al sostituto procuratore Giacomo Puricelli. Nelle motivazioni, il delitto di Veronica Balsamo è stato ricostruito quale drammatico epilogo di un litigio scaturito fra i due giovani nel corso del quale Casula avrebbe colpito ripetutamente al volto la ragazza all’interno dell’auto per poi finirla, a colpi di pietra, ai piedi di un dirupo.  Più complessi i momenti successivi alla morte di Veronica. Casula sarebbe infatti approdato nella casa di Roncale accidentalmente, forse per chiedere aiuto. In quel frangente, forse di fronte a una reazione di rifiuto o rimprovero, il giovane avrebbe colpito Lucchini al volto con un cacciavite. Nelle pagine redatte dal magistrato, il 19enne viene descritto come un «disadattato sociale» con seri problemi caratteriali e di rapporto con i coetanei, il quale avrebbe compiuto le sue azioni in maniera scollegata e del tutto incontrollata. Il giudice ha inoltre considerato equivalenti le attenuanti e le aggravanti: il fatto che il giovane fosse incensurato e avesse confessato, oltre al suo disturbo paranoide giudicato un’attenuante, sono state equiparate alla gravità dei delitti commessi da Casula.