Morto in Valmalenco, un incidente con troppe incognite

La scelta di un percorso strano e impervio fa emergere qualche dubbio sulla morte di Mattia

Le indagini dei carabinieri

Le indagini dei carabinieri

Chiesa Valmalenco (Sondrio) - Durante il sopralluogo nei boschi della Valmalenco, effettuato lo scorso 4 gennaio dai periti della Procura e della famiglia del giovane comasco trovato morto la vigilia di Natale, non sarebbero emersi elementi tali da smentire la “ricostruzione” fatta dall’autopsia eseguita da Paolo Tricomi di Lecco, ossia che si sia trattato di un tragico incidente escursionistico. Ma l’indagine sulla morte di Mattia Mingarelli, 30 anni, di Albavilla, sulle colline del Comasco, non può ritenersi conclusa. Ci sono ancora tanti punti oscuri. A cominciare dal luogo in cui è stato rinvenuto il cadavere. Ammesso che il ragazzo si sia sentito male, una volta uscito dal rifugio “Barchi”, dopo lo spuntino con bicchiere di vino in compagnia del gestore, perché avrebbe imboccato lo scomodo sentiero che costeggia i piloni della seggiovia che porta gli sciatori al Sasso Nero, anziché scendere lungo la più larga e agevole pista dove più facilmente avrebbe, forse, potuto trovare qualcuno che potesse soccorrerlo? È stato trovato senza vita a circa 100 metri dal Sasso Nero e a 500 dal rifugio “Barchi”. E ancora: come mai si sarebbe allontanato da quel luogo senza accorgersi di avere perso all’esterno del locale il suo cellulare e poi, pur essendo buio, muovendosi senza neppure portare con sé una torcia?.

Aveva calzature da trekking, ma una di queste è stata trovata a oltre 20 metri di distanza dal corpo. Un elemento compatibile con il fatto che possa averla persa scivolando sul terreno? Gli investigatori dicono che è questa l’ipotesi più probabile, ma resta più di un dubbio. I carabinieri del Comando provinciale di Sondrio infatti continuano a indagare. Nell’arco di un paio di settimane si dovrebbero conoscere i risultati di laboratorio sui prelievi effettuati durante l’autopsia. Elementi che potrebbero aiutare a capire in che condizioni si trovasse la vittima. E poi c’è attesa per gli esami a cura dei Ris di Parma che, a più riprese, hanno caricato sui furgoni diversi oggetti, come bicchieri, tazzine, piatti, prelevati all’interno del rifugio. Si vuole chiarire, senza che ci siano più riserve, se quel tragico 7 dicembre, giorno della misteriosa scomparsa, all’interno del ristoro ci fossero soltanto il gestore e Mattia, come sostiene il titolare Giorgio Del Zoppo, non indagato, oppure altre persone. Una risposta arriverà anche dall’esame delle tracce biologiche ricavate dalle sostanze rigurgitate trovate davanti al rifugio. «Devono essere di Mattia che, probabilmente, non si è sentito bene. A mangiare il tagliere eravamo soltanto noi due», ha ripetuto Del Zoppo.